Poveri ma più istruiti, figli battono genitori

Sette laureati su dieci conseguono il titolo di studio più alto per la prima volta in famiglia

Laureati

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Roma. 9 luglio 2019 - Forse più indebitati e con meno opportunità di lavoro dei padri, ma di certo con maggiori possibilità di andare all’università. Nelle statistiche li chiamano laureati di prima generazione: sono gli studenti che per primi portano un titolo di laurea nella propria famiglia e sono sempre di più. Accade in tutto il mondo – in Cina se ne conteranno 37 milioni nel 2020 e in India 27 milioni secondo l’Higher policy institute di Oxford – e succede anche in Italia: i dati di AlmaLaurea raccontano che nel 2018 i laureati di prima generazione sono stati il 68,7% del totale, ben 178mila.   La notizia si accompagna a quella di un ritorno delle iscrizioni agli atenei italiani dopo gli anni bui della recessione. I dati parlano finora di circa 298mila nuove iscrizioni per il prossimo anno accademico a fronte di 520mila diplomati alla maturità. È a un passo la soglia psicologica delle 300mila immatricolazioni. "È senza dubbio un dato incrementale positivo: avevamo nel 2003-2004 340mila matricole, dopo dieci anni siamo precipitati a 270 mila e nel 2017-2018 siamo risaliti arrivando a 295mila", spiega Ivano Dionigi presidente di AlmaLaurea. In mezzo a questa ripresa delle iscrizioni i ragazzi e le ragazze che, per primi nella propria famiglia, mettono piede all’università, rappresentano un "dato da salutare con favore e senz’altro positivo" ma, avverte Dionigi, "ancora non suoniamo le campane a festa". Gli ostacoli che troveranno sulla loro strada non sono pochi e saranno più esposti di altri a difficoltà economiche e sociali.    Del resto a guardare il complesso dei laureati 2018 si rileva che il 22,4% proviene da famiglie di dirigenti, imprenditori o liberi professionisti, il 32% da famiglie della classe media impiegatizia, il 22,4% dalla classe media autonoma e solo il 21% dalla classe del lavoro esecutivo, la vecchia classe operaia. Inoltre il 69% degli studenti di prima generazione – secondo una ricerca pubblicata sul Washington Post – esprime addirittura il desiderio di aiutare la propria famiglia contro il 39% dei ragazzi di genitori laureati. Ma questo stesso fattore può rappresentare anche una straordinaria spinta in avanti: "C’è un desiderio di affermazione sociale che è forte, c’è il desiderio di non tradire la propria famiglia che fa sacrifici. Insomma come già abbiamo visto nel liceo classico, ed è una balla che sia la scuola a cui si iscrivono i figli di papà, l’ascensore sociale è interiore: capita che quando si è sazi si sia meno bravi".   Aumenta anche l’offerta degli atenei italiani con 4.854 lauree in pista, di cui 2.293 di primo livello, 2.221 di secondo livello e 340 a ciclo unico. Ma insieme ai corsi crescono anche i filtri all’ingresso: il numero programmato riguarda ormai il 44% dei corsi di laurea, 2.139, e l’Italia resta penultima in Europa, seguita solo dalla Romania, come numero di laureati. Come superare le difficoltà nel lungo cammino per la laurea? Innanzitutto con un orientamento migliore che porti a scelte consapevoli del percorso di studi perché, osserva Dionigi, "siamo un Paese con ombre medievali in cui il figlio del farmacista fa Farmacia e quello dell’avvocato Giurisprudenza". Insieme a questo "il diritto allo studio è ancora in cerca d’autore e c’è una vera e propria emergenza meridionale: il 42% dei laureati al Sud va a lavorare fuori, se non si provvede il Mezzogiorno tra 20 anni diventerà un guscio vuoto".