Giovedì 18 Aprile 2024

"Astori si poteva salvare". Medico condannato

Il capitano della Fiorentina stroncato da un malore, il giudice: era possibile diagnosticare l’anomalia al cuore. La difesa: le perizie dicevano il contrario, faremo ricorso

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di Stefano Brogioni

Nelle ultime due visite medico sportive a cui si sottopose il capitano della Fiorentina Davide Astori, nei mesi di luglio del 2016 e del 2017, il cuore del calciatore, alla prova da sforzo, diede dei segnali. Il professore che lo aveva visitato, Giorgio Galanti, 73 anni, pratese, all’epoca direttore della medicina sportiva di Careggi, non li approfondì con un holter, violando il protocollo cardiologico. Può essere stato sufficiente questo, a condannare Galanti alla pena di un anno, nel processo (in abbreviato) che lo vedeva l’unico imputato per la morte del difensore dei viola e della nazionale, giunta all’improvviso, nella notte del 4 marzo 2018, alla vigilia di Udinese-Fiorentina.

Astori dormiva da solo, in una camera dell’albergo ‘La di Moret’. Al mattino, i compagni non lo videro seduto al tavolo per la colazione. La cardiomiopatia aritmogena che ammorbava il cuore di DA13, senza che lui lo sapesse, si era presentata all’improvviso, nel sonno, e lo aveva ucciso. Strappandolo a soli 31 anni a una città, a una tifoseria, a una squadra. Alla sua piccina, Vittoria, e alla sua compagna, Francesca Fioretti. Che non è mancata neanche a un’udienza del processo conclusosi con una condanna per omicidio colposo affatto scontata.

"Sono molto felice e orgogliosa che finalmente sia stata fatta giustizia per Davide anche se dispiaciuta che lui oggi non possa essere qui con noi – ha detto la donna –. Però spero vivamente che questa sentenza possa servire a salvare anche una sola vita". Il giudice, Antonio Pezzuti, ha condannato il medico anche al risarcimento dei danni morali e materiali, e disposto provvisionali alle parti civili per oltre un milione di euro. Non finisce qui, però. Perché Galanti, assente alla lettura del dispositivo, attraverso il suo legale, Sigfrido Fenyes, annuncia già ricorso in appello. "Sono stupito – ha commentato l’avvocato –, leggeremo le motivazioni e poi impugneremo la sentenza. Dalle carte processuali la responsabilità di Galanti non emergeva, e neppure dagli esiti della perizia".

Già, le perizie. A trascinare a giudizio Galanti erano state le conclusioni del consulente della pm Antonino Nastasi, il prof Domenico Corrado di Padova, secondo il quale erano necessari "ulteriori e più approfonditi accertamenti diagnostici" sull’origine delle extrasistoli emerse dai tracciati. Ma una superperizia disposta dal tribunale, firmata dal prof Fiorenzo Gaita, sembrava far pendere la bilancia in favore dell’imputato. "La sentenza ha disatteso quelle che erano le conclusioni dei periti dello stesso giudice – sottolinea Alessandro Zonca, legale della famiglia –. Quella perizia ci aveva fatto male ma ora è stata ristabilita una giustizia. Il dolore resta però tanto, per il pensiero che Davide, se non ci fossero stati questi errori, avrebbe potuto essere ancora qua".