Martedì 23 Aprile 2024

Assalto jihadista nel cuore del Mali Sequestrata una famiglia italiana

Marito, moglie e figlio Testimoni di Geova originari di Potenza e residenti a Monza. "Non erano in missione"

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di Giovanni Rossi

Un altro rapimento internazionale. Da giovedì tre cittadini italiani sono nelle mani delle milizie jihadiste in Mali, un buco nero della geopolitica grande quasi quattro volte l’Italia, conteso da militari golpisti e integralisti islamici, con la presenza sul campo di mercenari di ogni risma – inclusi i russi del Gruppo Wagner. I rapiti sono Rocco e Maria Langone, marito e moglie di 64 e 62 anni, e il figlio 43enne Giovanni, tutti originari di Potenza, emigrati a Monza e testimoni di Geova, da anni impegnati nell’area di confine con il Burkina Faso. Con il terzetto familiare è stato sequestrato anche un correligionario del Togo.

Secondo fonti di stampa, confermate da funzionari locali, uomini armati a bordo di un pick-up Toyota avrebbero prelevato e portato via il quartetto dal villaggio di Sicnina nella regione di Sikasso, circa 100 chilometri dal confine col Burkina Faso, area rurale tra le meno abitate (18 persone in media per chilometro quadrato). I tre italiani non risultano registrati all’Anagrafe italiana residenti all’estero. Nessuno, prima di ieri, sapeva della loro esistenza, tanto meno all’ambasciata italiana di Bamako inaugurata nel 2021.

I tre familiari vivevano in Mali da anni, aggregati a un gruppo preesistente di Testimoni di Geova e ben mimetizzati con nomi locali. Potrebbero aver sopravvalutato la sicurezza del contesto ed essere stati segnalati ai rapitori, probabilmente un commando di jihadisti islamici tra i tanti gruppi – più o meno federati – nell’area di espansione dell’integralismo religioso che dal nord scende verso il centro del paese. Gruppi che sui consueti proclami di "guerra ai crociati" innestano campagne dalla duplice finalità: aumentare il livello del terrore nelle regioni ancora soggette alla debole e cangiante autorità statale; autofinanziarsi grazie ai riscatti per la liberazione dei rapiti.

Non ci sono notizie certe su quali fossero le attività svolte dai tre italiani nella comunità di residenza maliana. L’ipotesi di un servizio missionario è smentita dalla sede centrale della Congregazione dei testimoni di Geova. "Non ci sono nostri missionari inviati in quel Paese. In Italia i testimoni di Geova sono 250mila, quindi è possibile che qualcuno a titolo personale sia andato in Mali per aiutare le comunità locali. Ma noi non ne siamo a conoscenza". E la ricostruzione di una presenza esclusivamente a titolo personale o familiare è confermata dall’Associazione dei Testimoni di Geova del Senegal, competente anche per il Mali: "Da quasi un anno non abbiamo alcun missionario o religioso sul posto" sebbene, come è ovvio, ci siano "Testimoni di Geova in Mali come in molte altre parti del mondo".

L’Unità di crisi della Farnesina lavora al caso, seguito ora per ora dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, visti i precedenti in un’area tra le più pericolose del pianeta. E i due golpe militari in dieci mesi, nell’agosto 2020 e nel maggio 2021, ad opera dello stesso gruppo di colonnelli, egualmente animati da forti pulsioni anti europee, rendono la situazione quanto mai rovente. Sottoposta a sanzioni della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale, la giunta guidata del colonnello Assimi Goïta rinvia metodicamente la restituzione del potere ai civili, baruffa con la Francia e l’Unione europea, flirta con la Russia e rinnova i contratti ai mercenari del Gruppo Wagner fondato dal putiniano di ferro Evgeniy Prigozin. Intanto i gruppi islamici ora dominati dal Jnim (leggi al-Qaeda) continuano a imperversare. Dal 2012 ad oggi questa violenza senza argini si è estesa al vicino Burkina Faso e al Niger causando migliaia di morti tra civili e militari e centinaia di migliaia di sfollati. I rapimenti per terrore e autofinanziamento al confronto appaiono poca cosa. Salvo che alle vittime di turno e ai Paesi finiti sotto tiro. Tutti i canali diplomatici sono già attivati nel tentativo di capire chi abbia in mano i rapiti. I precedenti dicono che serviranno molta pazienza e mediazioni senza pregiudizi. Ma una pista di trattativa sembra già profilarsi.