Venerdì 19 Aprile 2024

Assalto al caveau di Catanzaro, preso il commando che usò un cingolato per sfondare i muri

Specialisti pugliesi di Cerignola aiutati da basisti locali calabresi, e con l'ok delle cosche crotonesi. Le indagini hanno portato all'arresto dei responsabili del colpo paramilitare valso 8 milioni di bottino

Rapina a un caveau nel catanzarese (Ansa)

Rapina a un caveau nel catanzarese (Ansa)

Roma, 20 aprile 2018 - Arrestati gli uomini del commando della clamorosa rapina, avvenuta nel dicembre 2016, al caveau dell'istituto di vigilanza "Sicurtransport" a Germaneto di Catanzaro. La Polizia di Stato ha fatto scattare le manette per i responsabili del colpo, messo a segno con metodi paramilitari. I malviventi erano armati di mitra e forniti di sofisticate apparecchiature elettroniche. Il bottino fu di oltre 8 milioni di euro. 

Un'azione di forza, che suscitò particolare allarme: i banditi entrarono nel caveau sfondando i muri corazzati con un potente mezzo cingolato, e per farlo bloccarono tutte le strade di accesso dando fuoco a 11 auto poste come sbarramento. 

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Le indagini che hano portato all'operazione denominata "Keleos", sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia. Ai responsabili della rapina è stata contestata l'aggravante del metodo mafioso, infatti una parte dei proventi è stata versata alle famiglie di 'ndrangheta che controllano il territorio.

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SPECIALISTI PUGLIESI - Gli investigatori hanno accertato l'esistenza di uno stretto collegamento tra pugliesi della zona di Cerignola (Foggia), 'specializzati' nel settore, e basisti calabresi. La rapina venne pianificata studiiando la zona e con la complicità di un dipendente dell'istituto di vigilanza, responsabile della sicurezza del caveau. I calabresi coinvolti nella rapina si sono occupati di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato, oltre che della logistica della permanenza clandestina a Catanzaro del commando composto dai malviventi pugliesi. A dare la svolta alle indagini sono stete le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia: una donna, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo. 

ARRESTATI - Sono sette le persone arrestate, a cui si aggiungono altre indagate. Si tratta di esponenti calabresi e pugliesi della criminalità.  I calabresi sono: Giovanni Passalacqua, 52, alias "U Gigliotti", di Catanzaro; Leonardo Passalacqua, 44, alias "Nanà", entrambi già noti alle forze dell'ordine, di Catanzaro; Nilo Urso, 41, imprenditore di Rossano (Cosenza); Dante Mannolo, 42, imprenditore di Cutro (Crotone); Cesare Ammirato, 69, imprenditore di Catanzaro; Massimiliano Tassone, 49 anni, dipendente della Sicurtransport di Catanzaro.  Per i  pugliesi è finito in carcere solo Mario Mancino, 42 anni, noto alle forze dell'ordine, di Cerignola (Foggia), mentre altri presunti componenti della banda risultano indagati.

QUESTORE: LASCIARONO 100 MILIONI - I rapinatori quel 4 dicembre 2016 "hanno portato via otto milioni, ma un centinaio di milioni li hanno lasciati lì perché non avevano più tempo". Lo ha rivelato il questore di Catanzaro, Amalia di Ruocco, nel corso della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell'operazione 'Keleos'. 

L'OK DALLE COSCHE CROTONESI. IMPIEGATI ANCHE ROM - La rapina milionaria "è stata autorizzata da tutte le cosche crotonesi, che dimostrano di avere il controllo sul territorio del capoluogo calabrese". Lo ha rivelato il procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto. "Dalle indagini è emerso che le cosche cutresi, isolitane, mesorachesi e petiline si sono avvalse del gruppo di specialisti foggiani e del supporto di esponenti della criminalità rom. Questa inchiesta conferma poi come sia da smentire una volta per tutte l'idea per cui i rom siano dediti solo ad attività criminali di piccolo spessore, mentre invece sono sempre più integrati nei sodalizi criminali. Inoltre - ha concluso Luberto - questa operazione conferma che le rapine dei portavolari continuano a essere uno dei 'salvadanai' della criminalità organizzata, che poi reimpiega il bottino nelle altre attivita' criminali a partire dal traffico di droga".