No Green pass: guerriglia a Roma. Assalto a Cgil e Montecitorio

Nei cortei ci sono anche i militanti di Forza Nuova che fanno irruzione nel sindacato: uffici devastati. Migliaia di manifestanti. Fermato con i lacrimogeni il tentativo di raggiungere Palazzo Chigi

No Green pass, scontri con la polizia a Roma (Ansa)

No Green pass, scontri con la polizia a Roma (Ansa)

Un tiepido e ventoso pomeriggio romano di inizio autunno diventato all’improvviso di fuoco e di ferro. Uscito, come un incubo, dai peggiori anni Settanta, quelli che si rivelarono presto di piombo e di P38. Ma, poiché la storia si mischia e si confonde e non torna mai uguale a se stessa, lo stesso pomeriggio emerge da altri tombini di un altro fosco passato remoto del Paese, che evoca il ’21 del Novecento, quando lo squadrismo fascista diede l’assalto alle sedi sindacali. E solo e fortunatamente la tempra di Sergio Mattarella e Mario Draghi, pronti a far sentire la voce di condanna, ci dà il segno di una democrazia capace di difendersi.

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A far scendere la cappa opprimente della guerriglia urbana e dell’attacco violento alla sede nazionale della Cgil di corso d’Italia, sono migliaia di persone No Vax e No Green Pass che si ritrovano a piazza del Popolo, sotto il palco montato ai piedi del Pincio, per ribellarsi contro l’utilizzo del lasciapassare verde per tornare al lavoro dal 15 di questo mese. Un insieme indistinto e indistinguibile di manifestanti arrivati da tutta Italia, con gruppi organizzati di destra, a cominciare da Forza Nuova, a gestire l’operazione: almeno 10 mila, ma i registi del raduno si spingono fino a parlare di 50 o addirittura 100 mila. Di sicuro una minoranza organizzata rispetto a milioni di cittadini che si sono vaccinati o che sono disponibili al tampone.

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Ma c’è chi non ci sta e nel nome di una malintesa auto-determinazione e al grido paradossale di "libertà, libertà" si sente in diritto di passare dalla protesta pacifica alla violenza. E così dalla piazza in fondo a Via del Corso un folto gruppo di manifestanti si lancia in un corteo non autorizzato che attraversa tutto il centro della città: la folla prende a calci i blindati, lancia sedie, monopattini e bici elettriche contro le forze dell’ordine, compaiono bombe carta e lanci di petardi, la nebbia invade le strade, i negozi abbassano le saracinesche, chiudono, si barricano dentro. Scene cupe di altre stagioni terribili. La protesta si muove come un’onda che vorrebbe travolgere tutto quello che incontra. I portoni di Palazzo Chigi e di Montecitorio chiusi e presidiati dalla polizia come non accadeva da decenni. Blindati e camionette arrivati in tutta fretta a proteggere i luoghi della politica. Ma non basta. Qualcuno raggiunge le transenne che circondano piazza Colonna, su cui si affaccia il palazzo del governo. Insulti a Mario Draghi, ai sindacati ("Boia"), ai giornalisti ("Terroristi"), finanche al governatore del Veneto Luca Zaia. È la volta dei fumogeni, di "Assassini, assassini", dei cori ("Vogliamo le dimissioni di Draghi e Mattarella"), degli slogan ("No Green pass, no Green pass", "La gente come noi non molla mai"). Ma è anche la volta delle bandiere tricolori e dei saluti romani, dei neofascisti di Forza Nuova. "Noi non siamo la politica, noi siamo la variabile impazzita", urla il vicesegretario Giuliano Castellino. E non esita: "Stasera ci prendiamo Roma. La forza della piazza contro la tirannia sanitaria".

Bloccati su Via Veneto, le frange più violente passano da Villa Borghese e si muovono verso corso d’Italia: ed è lì che arrivano a sfondare il portone della sede nazionale della Cgil. È l’atto più concretamente ma anche simbolicamente eclatante di un’escalation di violenza e di ribellismo che appare, però, preordinata e orchestrata da giorni. Senza che ai piani alti del Viminale (a cominciare dal Ministro Luciana Lamorgese) si fossero predisposti a intercettare i segnali della protesta montante e a contrastare le frange violente. Tanto che gli agenti di polizia davanti all’ingresso della Cgil non riescono a fermare la furia dei manifestanti e a respingere lo sfondamento al grido: "Stiamo aspettando Landini", "giù le mani dal lavoro" e "venduti". Fino al commento finale per il successo dell’azione: "Ragazzi, siamo nella Cgil". Ma dura poco: non è come nel ’21 del Novecento. Le istituzioni, i partiti, i sindacati fanno quadrato.