Mercoledì 24 Aprile 2024

"Aspettiamo l’attacco, siamo pronti al peggio"

L’italiana che gestisce l’ospedale di Emergency nel Panshir. "Qui i talebani non sono arrivati, dobbiamo mantenere la calma"

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"Siamo sospesi. In Panshir c’è una calma quasi irreale. Nel tardo pomeriggio dovrebbe scadere l’ultimatum dei talebani. Siamo in attesa di un possibile attacco, o di un’ulteriore tregua: in ospedale siamo pronti a ricevere parecchi feriti, ma speriamo che si faccia di tutto per evitare spargimento di sangue". La dottoressa Raffaella Baiocchi, ascolana, è la responsabile dello storico ospedale di Emergency nel Panshir, l’unica provincia afghana non ancora occupata dai talebani. Con lei, oltre a medici e infermieri afghani, un team di sei sanitari stranieri, tra i quali una dottoressa molisana e un’infermiera milanese.

Dottoressa Baiocchi, ha paura?

"No. Se fossi un abitante della valle sarei terrorizzato, ma nel mio ruolo devo avere sangue freddo. Se ho paura è per questa gente".

Pare che Ahmad Massoud si sia detto disponibile a entrare in un governo inclusivo coi talebani. Forse la guerra non è inevitabile.

"Sappiamo che trattative sono in corso, speriamo si riesca a trovare una soluzione".

Come siete organizzati in caso di attacco talebano?

"Abbiamo sospeso gli interventi chirurgici urgenti e abbiamo accorpato i due reparti per donne e bambini, aumentando da due a tre quelli per gli uomini. Adesso abbiamo 10 letti di terapia intensiva e 36 letti per gli uomini. In caso di combattimenti monteremo anche delle tende nelle quali fare il triage, cioè dove si deciderà chi mandare subito in sala operatoria, chi può aspettare e chi non ce la farebbe comunque".

Da quanto tempo è in Afghanistan?

"Sono partita la prima volta nel 2007, 14 anni fa. Dal 2016 sono dipendente di Emergency e sono qui stabilmente".

Quanto è cambiato il Paese?

"Moltissimo. All’epoca si faceva fatica a trovare infermiere e ostetriche: non parlavano inglese, avevano forti limiti culturali e, quando si sposavano, se ne andavano. Adesso è un altro mondo. Sono molto motivate, parlano inglese, imparano in fretta e vogliono emanciparsi. Sono donne stupefacenti. Molte di loro erano bambine quando c’erano i talebani, ma le loro madri gli hanno detto che cosa era il regime talebano. E ovviamente sono preoccupate di fare un salto indietro di 25 anni. Ancora qui impatti non se ne sono visti, ma tutti si chiedono: durerà? La memoria è viva, per questo il Panshir resiste".

Alessandro Farruggia