La Malfa
La Bce si è attenuta alle previsioni della vigilia: preso atto che i prezzi stanno rallentando mese dopo mese, pur dichiarando che l’inflazione è ancora alta e pericolosa, ha comunicato di aver deciso di fermare l’aumento dei tassi d’interesse. Era ora dopo dieci aumenti consecutivi.
In realtà, se la Bce non interpretasse nel modo più rigido e conservatore il suo mandato e non considerasse come suo unico compito la lotta contro l’inflazione, di fronte a una evidente frenata delle economie del’area dell’euro e della stessa Germania, essa avrebbe dovuto cominciare a discutere di una riduzione dei tassi d’interesse per sostenere la domanda. Ma è chiaro che non è questo l’umore prevalente dei banchieri che contano di più nell’area dell’euro e che la Presidente della Bce, per parte sua, non ha l’autorità per far prendere alla banca centrale un’iniziativa in questo senso. Sono lontani gli anni di Draghi.
Emerge in situazioni come queste il problema dell’Unione monetaria europea. Essa dispone di uno strumento di politica monetaria, ma non vi è un’analoga autorità nel campo della politica di bilancio che possa compensare o correggere gli effetti di quella monetaria. Avremmo bisogno di un ministro Ue del Tesoro, ma non è facile che nasca in un futuro prossimo. Anche perché Paesi come la Germania, con situazioni di bilancio solide, sanno di poter, in caso di necessità, fare da soli e non sentono la necessità di mettere in comune la finanza pubblica.
Si vede in questi casi come è squilibrata e difficile la situazione del nostro Paese alle prese con un debito pubblico così elevato. Proprio per non essere alla mercé della politica monetaria, dovremmo recuperare in fretta uno spazio per la politica fiscale. Ma di prendere il toro per le corna non se la sono sentiti gli ultimi governi. Non mi pare che se la senta il governo attuale. Così rischiamo di pagare più degli altri la miopia della Bce.