Ascoltiamo i nostri studenti e sosteniamoli

Elena

Ugolini

Cari prof, l’anno volge al termine e siamo tutti contenti di essere tornati a scuola in presenza. C’è un dato, però, che non possiamo trascurare: tanti studenti sono in crisi. Ogni mattina qualcuno domanda di uscire dalla classe perché va in ansia e in molti fanno assenze strategiche perché hanno timore di interrogazioni o verifiche. Questo accade anche perché ognuno di noi pensa di chiedere il minimo e non si accorge di quello che stanno chiedendo i propri colleghi. Cercare di recuperare programmi e voti ad ogni costo, dopo mesi di scuola a singhiozzo, significa non tenere conto della situazione difficile, anche se spesso nascosta e non appariscente, vissuta dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie. Qualcuno dirà che alla fine dell’anno scolastico c’è sempre stata la corsa alle verifiche, ma è proprio questo il motivo per cui vale la pena cercar di capire se non sia venuto il momento di cambiare. Che senso ha voler dare voti a tutti costi, usando le modalità di sempre, senza accorgersi che stiamo perdendo i nostri studenti proprio nel momento in cui li potremmo avere , finalmente, in presenza, davanti a noi ? La nostra prima preoccupazione dovrebbe essere quella di riagganciarli per aiutarli a capire la bellezza dell’imparare. La scuola non è un esamificio. I voti, le verifiche, le interrogazioni non sono un fine, sono uno strumento che serve a capire a che punto si è, per migliorare. Quando si scambia lo strumento con il fine le cose perdono senso. Chi ha detto che occorre verificare tutti gli studenti su tutto e che l’unico strumento per capire se gli alunni stanno lavorando è fare compiti in classe e interrogazioni a ripetizione? Chi ha detto che i professori migliori sono quelli che si fanno temere di più? Non è un caso che la ribellione sia arrivata da un prestigioso liceo classico milanese. Chi soffre di più questa situazione sono i ragazzi che amano lo studio e si sentono strappati su mille fronti. I ragazzi deboli o poco motivati li abbiamo persi da tempo, ora rischiamo di perdere loro, quelli che si impegnano, caricandoli di fardelli inutili, perché insensati.