Martedì 23 Aprile 2024

Arriva la Ue e Mosca lancia i missili Odessa, Michel si rifugia nel bunker

Il presidente del Consiglio europeo era in visita nella città. "Il Cremlino non vi piegherà, siamo con voi"

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di Giovanni Rossi

Fa parte del galateo di Mosca. Una specie di attenzione riservata ai diversamente nemici, oppure agli ospiti sgraditi già prima di sbarcare. Dopo il bombardamento missilistico di Kiev, il 29 aprile, durante la visita del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, la nuova puntata si gira a Odessa, sul Mare Nero, e ingaggia come inconsapevole primattore il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. In visita a sorpresa nella città più cosmopolita dell’area, quella che i russi bramano per richiamo imperiale e gli ucraini difendono con il suo tesoro di storia e di silos, Michel è costretto a fuggire in un bunker a causa dell’allerta per un raid missilistico russo.

A colloquio con il premier ucraino Denys Shmygal, il politico belga – ex premier del suo paese – prova così sulla propria pelle la paura quotidiana vissuta dagli ucraini. Ripreso fiato, onora l’Ucraina per questi 75 giorni di guerra affrontati "con coraggio". Nella "città dove, come disse Puskin, si può sentire l’Europa", il presidente del Consiglio europeo riesamina i fatti e traccia la rotta: "Il Cremlino vuole giustiziare il vostro spirito di libertà e democrazia. Ma sono assolutamente convinto che non ci riuscirà mai. Sono a Odessa nella Giornata dell’Europa con un semplice messaggio: non siete soli. Noi siamo con voi. Non vi deluderemo. Saremo con voi per tutto il tempo necessario. E vi aiuteremo a costruire un paese moderno e democratico", è la promessa durante la visita al porto, tra navi mercantili bloccate dalla minaccia russa ed edifici residenziali sfregiati dal nemico. Nonostante i raid rivendicati dalle forze di Kiev, come quello contro l’incrociatore Moskva, colato a picco tre settimane fa, e altre navi da guerra russe scontratesi con gli efficacissimi missili Neptune, Odessa resta sotto pressione. Secondo i media locali, la marina di Mosca, in un primo tempo ritiratisi a 200 miglia nautiche dalla costa per il timore di controffensive ucraine, avrebbe rivalutato i piani schierando vicino alla costa sei navi equipaggiate con almeno 50 missili da crociera e due sottomarini armati di missili Kalibr, massicciamente lanciati da inizio maggio.

Nella giornata in cui celebra la vittoria sui nazisti nella Seconda guerra mondiale, Mosca esaurisce la retorica con la consueta coreografia sulla Piazza Rossa, ma sul campo non registra neppure uno dei grandi successi simbolici auspicati dai comandi militari. A meno di voler considerare vera impresa il respingimento degli ucraini nell’isola dei Serpenti, teatro di battaglia sin dai primi giorni del conflitto persino con ìnsulti leggendari. Solo in Donbass i russi piazzano un colpo significativo per mano e per armi dei ceceni di Ramzan Kadyrov. Gli uomini del fedelissimo di Vladimir Putin concorrono alla conquista di Popasna, o per meglio dire delle sue macerie, dalle quali le forze armate di casa ammettono il ritiro finalizzato ad occupare migliori posizioni di difesa e contrattacco. Serhiy Haidai, amministratore dell’oblast di Lugansk, assicura che non ci sono stati ulteriori "sfondamenti" e che "i rinforzi" promessi da Kiev "sono già arrivati". Addizioni fondamentali ora che l’Armata rossa sogna di "tagliare fuori" la regione dal resto del Paese, prendendo il controllo dei collegamenti tra Lysychansk e Bakhmut. Ed è proprio qui, oltre le acque del Severskij Donetsk, che si prepara la battaglia "decisiva", quella in cui anche il morale delle truppe potrebbe incidere sul risultato. Il Pentagono diffonde rapporti su episodi di insubordinazione tra i soldati di Mosca.

Nulla di nuovo, il solito gioco vecchio quanto il mondo, mentre a sud le truppe di Putin si preparano all’azione. L’artiglieria pesante trasferita dalla Crimea potrebbe favorire l’avanzata nell’intera regione di Kherson, ben oltre il capoluogo già controllato da Mosca. A Mariupol è giorno di parata e bombardamenti regolamentari. Nella pancia dell’acciaieria Azovstal ulcerata dai razzi, dopo l’ennesimo rifiuto della resa e di ogni negoziazione, torna ad aleggiare lo spettro di un attacco: chimico, secondo gli ucraini. Oleksandr Lashin, vicepresidente del Consiglio comunale, azzarda persino la data: domani.