"Armi pesanti e stop al greggio russo" Ma la Ue divisa dice no a Zelensky

Un gruppo di paesi, tra cui l’Italia, in pressing per una tregua. Von der Leyen: "Sul petrolio non c’è intesa"

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di Antonio Del Prete

"C’è unità in Occidente? Io non la vedo". Domanda e risposta arrivano insieme: Volodymyr Zelensky non dà spazio a dubbi. Ieri mattina, collegato in videoconferenza con il Forum economico di Davos, è tornato a incalzare i suoi alleati. I russi sfondano le difese di Kiev nel Lugansk. Avanzano. "Ho bisogno del supporto di un’Europa unita", insiste il leader ucraino. Chiede altre armi e altre sanzioni. Ma l’Europa unita non è. I sì di prassi diventano "nì", che suonano come no all’orecchio della resistenza gialloblù.

L’EMBARGO DEL PETROLIO

È UNA CHIMERA

L’Unione europea, infatti, rischia di fermarsi a un passo dall’embargo al petrolio. Il sesto pacchetto di misure anti-russe elaborato dalla Commissione, a meno di colpi di scena, non sarà sul tavolo del vertice straordinario del 30 e 31 maggio. L’Ungheria di Orbàn ha puntato i piedi, ma non è sola: anche Slovacchia e Repubblica Ceca sono perplesse. Così, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dovuto arrendersi: "Non mi aspetto un’intesa".

IN ORDINE SPARSO SUL GAS

Dopo 91 giorni di guerra la tanto sbandierata unità europea appare più sbiadita. Al ricatto di Putin sul gas i Paesi membri hanno risposto andando in ordine sparso. E se da una parte permane il divieto di pagare gli idrocarburi russi nella valuta di Mosca, dall’altra, per le aziende energetiche continentali come Eni, è possibile superare l’ostacolo aprendo due conti Gazprombank, uno in euro e uno in rubli. D’altronde, ha ribadito ieri il ministro dell’Economia, Daniele Franco, "uno stop agli approvvigionamenti da Mosca avrebbe un impatto drammatico".

GRUPPO D’ACQUISTO

PER LE FORNITURE

Un allarme, l’ennesimo, al quale la Commissione risponde istituendo una task force per l’acquisto comune di gas, Gnl e idrogeno. Il gruppo, sotto la supervisione della commissaria all’Energia, Kadri Simson, lavorerà dal 1° giugno.

"VIOLAZIONE SANZIONI

TRA I REATI UE"

Si punta sulla persuasione, dunque. Ma anche sulla repressione. Bruxelles, infatti, propone una direttiva per confiscare i beni a chi aggira le restrizioni. "Aggiungiamo le violazioni delle sanzioni dell’Ue all’elenco dei reati europei – ha twittato ieri la von der Leyen –, i responsabili devono essere puniti".

CONGELATI ASSET

PER 10 MILIARDI

Nel mirino della presidente della Commissione tornano anche gli oligarchi: "Non lasceremo che prosperino grazie alla macchina da guerra russa, i loro beni devono essere sequestrati e usati per ricostruire l’Ucraina". Finora sono stati congelati asset per oltre 10 miliardi di euro.

ZELENSKY CHIEDE

NUOVE ARMI

Per Zelensky, tuttavia, non basta: "Fornire armi all’Ucraina resta il migliore investimento per la stabilità del mondo". Armi pesanti, soprattutto. A scanso di equivoci il leader ucraino ha stilato l’elenco: "Lanciarazzi multipli, tank, armi antinave". E anche su questo tema l’Europa è tutt’altro che granitica. Nel piano RePowerEu si "accoglie la decisione di aumentare il sostegno militare all’Ucraina". Ma tra le cancellerie serpeggia una domanda: fino a quando questo supporto sarà necessario? Si rischia una divisione tra chi vuole la vittoria di Kiev e chi, come l’Italia, anzitutto una tregua. Il dibattito c’è anche da noi. I 5 Stelle si oppongono a nuovi contributi militari, la Lega idem.

LETTA PACIFISTA

E ieri anche il Pd, finora il partito più allineato alle posizioni dell’Unione europea e della Nato, ha mostrato qualche titubanza. "Una pace non giusta, una pace non completamente giusta – ha detto il segretario Enrico Letta citando Beniamino Andreatta –, è sempre più giusta della continuazione della guerra". Qualche ora prima persino Kissinger aveva consigliato agli ucraini di cedere qualche regione pur di porre fine alle ostilità. Insomma, sul fronte atlantista l’aria sembra diversa rispetto a quella di qualche settimana fa, quando si puntava alla vittoria dell’Ucraina se non addirittura a un cambio di regime a Mosca. A Kiev qualcuno si mostra disponibile a discutere, ma per il consigliere di Zelensky, Mikhail Podolyak, "accettare di cedere territori e di siglare un nuovo accordo di Minsk è impossibile".