Armi e migranti È la premier che decide

Bruno

Vespa

Giorgia Meloni è molto soddisfatta di aver ricucito il rapporto con Macron. Racconta di aver trovato il presidente francese totalmente disponibile su tutti i fronti: da una reale collaborazione sull’immigrazione a una intesa sulla “neutralità tecnologica” (biocarburanti e nucleare) che per noi significa salvare il settore auto, mentre i tedeschi ci avevano mollato trovando un accordo separato sui carburanti sintetici. Sulla guerra, la Meloni ha confermato il nostro sostegno all’Ucraina (armi comprese). Posizione identica a quella europea. Nonostante questo, l’Italia viene guardata con sospetto perché il fronte atlantico teme smagliature. Noi siamo allergici alle dietrologie: se Elly Schlein conferma il sì del Pd agli aiuti militari noi dobbiamo crederle, nonostante più d’uno – mettendo l’orecchio a terra come facevano gli indiani per sentire l’arrivo della cavalleria yankee – avverta un ribollire niente affatto tranquillizzante. D’altra parte Conte, che da presidente del Consiglio era un atlantista a 24 carati, picchia giù duro accusando la Meloni di portarci in guerra. E spera di recuperare così una parte dei quattro punti che la Schlein gli ha soffiato nei sondaggi in poche settimane. La segretaria gli lascerà campo libero su questo fronte? Ne capiremo di più lunedì quando si deciderà se il partito avrà una gestione unitaria. Con i riformisti ammessi nella plancia di comando, scossoni su un tema così delicato sarebbero improbabili.

Nella cucina del centrodestra, borbotta la pentola di fagioli di Lega e Forza Italia che ci vorrebbero meno schierati. Ma quando la cuoca Meloni obietta: dobbiamo lasciare l’Ucraina a Putin?, la pentola degli alleati si acquieta per forza di cose. Resta la tragedia degli immigrati che arrivano a mille al giorno. Ancora polemiche su Cutro, mentre ci vorrebbe una unità di fondo dinanzi a un problema epocale?