Giovedì 18 Aprile 2024

Armi all’Ucraina, c’è l’ok del governo. Sì della Lega, dissidenti tra i 5 Stelle

Telefonata Draghi-Salvini prima del voto a palazzo Chigi. Alla Camera la risoluzione sull’invio di materiale bellico. L’accordo tra i partiti c’è e l’obiettivo è l’unanimità, ma non mancano i contrari nella sinistra e tra i grillini

Cittadini ucraini aspettano nascosti nel seminterrato durante i pesanti bombardamenti

Cittadini ucraini aspettano nascosti nel seminterrato durante i pesanti bombardamenti

L’Italia invierà armi all’Ucraina. Il consiglio dei ministri, infatti, ha dato il via libera all’unanimità (incassando anche la "benedizione" della Lega e la promessa di un Movimento 5 Stelle compatto quando il provvedimento passerà in Aula, ndr) a un nuovo decreto con aiuti all’Ucraina, con tanto di proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre del 2022, proprio per consentire libertà di movimento in un frangente tanto incerto nell’immediato futuro.

Per organizzare ed attuare gli interventi più urgenti, sono stati stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali. Disco verde anche alla norma che consente di diversificare le fonti energetiche, con la possibilità di ricorrere al razionamento del gas.

Sul fronte militare, il più delicato dell’intero articolato, il decreto contiene una norma per la quale – dopo una preventiva risoluzione delle Camere – si consente al ministro della Difesa di adottare un decreto interministeriale per la cessione alle autorità governative dell’Ucraina di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, norma che ha trovato anche il favore del Carroccio. Ci sarebbe anche stata una telefonata tra il premier Draghi e il leader della Lega, Matteo Salvini, prima della riunione dei ministri. Nel colloquio, spiegano fonti della Lega, i due hanno fatto il punto della situazione, parlando del vertice che si sarebbe svolto di lì a poco e della risoluzione di maggioranza.

Una seconda parte del provvedimento si occupa, invece, del rischio che vengano a mancare le forniture energetiche. I ministri hanno autorizzato l’anticipo, anche a scopo preventivo, dell’adozione delle misure di aumento dell’offerta eo riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza. La norma rende immediatamente attuabile, se fosse necessario, la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche oggi attive, attraverso la "massimizzazione della produzione da altre fonti e fermo restando il contributo delle energie rinnovabili", cioè tornerebbero di moda le centrali a olio o carbone. Gli impianti di Enel a La Spezia o di A2a a Monfalcone, riaccesi già a dicembre, sarebbero i primi ad essere attivati.

Infine, i profughi. L’Italia terrà le porte aperte ai rifugiati dove c’è già una forte presenza di cittadini ucraini, circa 25mila persone; si punta al rafforzamento della rete di accoglienza con disposizione che i cittadini ucraini vengano ospitati nei Cas anche senza la domanda di protezione internazionale. In ultimo, è stato previsto uno stanziamento di 500mila euro per sostenere studenti, ricercatori e docenti ucraini affinché possano svolgere le proprie attività presso università, istituzioni musicali ed enti di ricerca italiani.

Misure che sono state varate dall’unanimità del Cdm, ma che necessitano di un passaggio in Aula. In serata è stato raggiunto l’accordo tra i partiti in Commissione Esteri della Camera. La risoluzione sull’invio di armi dovrebbe essere votata già oggi, al termine delle comunicazione di Draghi sull’Ucraina. La formula trovata sarebbe quella che parla di "favorire il diritto alla Resistenza": l’obiettivo è l’unanimità, con anche il sì di Fratelli d’Italia.

I mal di pancia, però restano. Ad incendiare, ieri, gli animi più ribelli del corpo molle grillino, il presidente della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, che ha annunciato l’intenzione di non votare il decreto: "Sono pronto ad assumermi tutta la responsabilità di questa decisione, che ho già comunicato al presidente Conte". A dargli man forte, il deputato Giuseppe D’Ippolito, che ha chiesto a Giuseppe Conte che venga lasciata libertà di voto in Parlamento. Conte, però, ha rassicurato tutti sulla compattezza: "Vi dimostreremo che non ci sono spaccature al nostro interno". Anche da SI, con Nicola Fratoianni, non mancano i distinguo: "Le bombe chiamano altre bombe. E non aiutano la pace. Aggravando le conseguenze drammatiche per i civili".