Giovedì 18 Aprile 2024

Appalti, tregua governo-sindacati. Sui licenziamenti Draghi tira dritto

Oggi il Dl Semplificazioni sul tavolo dei ministri. Via il massimo ribasso, ma no a vincoli sui dipendenti. Forte pressing di Letta sul premier: "Lo sciopero generale va evitato o il Pd non reggerà l’urto"

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, 59 anni, ha incontrato ieri il premier (Ansa)

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, 59 anni, ha incontrato ieri il premier (Ansa)

"Mario, se i sindacati vanno verso lo sciopero, noi non reggiamo". È un Enrico Letta preoccupatissimo, quello che di buon mattino incontra Mario Draghi a Palazzo Chigi nella giornata clou del contrasto tra il premier e i sindacati su appalti, subappalti e licenziamenti. Ed è da lì che si mette in moto la macchina della mediazione che porta l’ex numero uno della Bce a convocare i leader di Cgil, Cisl e Uil per il pomeriggio per arrivare a una sorta di tregua armata.

Il capo del governo "concede" lo stralcio dal decreto Semplificazioni della regola del massimo ribasso per le gare, ma non molla sulla fine del blocco dei licenziamenti ("Ho le mie idee, ma parliamo") e neppure sulla eliminazione del tetto del 40% per i subappalti ("Lo chiede l’Europa, non possiamo non accettarla"). Riconoscendo, però, l’introduzione di un pacchetto di regole per la parità di trattamento salariale e contrattuale e per la tutela della sicurezza per i dipendenti delle imprese subappaltatrici.

Con l’aggiunta da parte del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, della cosiddetta "patente a punti": le imprese che fanno più sicurezza e sono più corrette conquistano sgravi contributivi, mentre quelle meno virtuose potranno essere escluse dai lavori.

Dunque, Draghi dà una mano al segretario dem, stretto tra le esigenze del Recovery Plan e le minacce dei sindacati e, principalmente, del leader della Cgil, Maurizio Landini, che non ha esitato nei giorni scorsi a parlare di "sciopero generale".

Letta apprezza: "Sulle riforme noi porteremo le nostre idee e troveremo le migliori sintesi. Avanti". E così, a stretto giro, la cabina di regia della mattinata si chiude con il sostanziale via libera al decreto Semplificazioni, che sarà approvato oggi in consiglio dei ministri, ma con il rinvio dei punti controversi alla trattativa con i sindacati. Come, del resto, chiedono Orlando e Roberto Speranza. Il tentativo dei partiti della sinistra, alla vigilia di una manifestazione di Cgil, Cisl e Uil, è evitare di allargare ancora le distanze, dopo lo strappo sul tema dei licenziamenti. Il premier accoglie la richiesta di mediazione, ma è secco: "Bisogna far presto, chiudere il decreto in Cdm nelle prossime ore, o si rischia di perdere la prima tranche di 27 miliardi che potrebbe arrivare da Bruxelles a luglio".

Draghi lo spiega ai ministri di Pd e Leu e lo ripete ai vertici dei sindacati: "I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) vanno spesi necessariamente entro il 2026 e per essere sicuri che questo avvenga in Italia c’è molto da cambiare". Da qui l’esigenza di fare tutto e in fretta. È un approccio "olistico, complessivo", sottolineano a palazzo Chigi, per dare gambe forti al piano.

L’intesa però non è facile e dopo una lunga giornata di riunioni, a sera viene convocato un tavolo tecnico per sciogliere gli ultimi nodi. Ci sono da conciliare le pressioni opposte di Matteo Salvini, che vorrebbe superare il codice degli appalti, e del centrosinistra, che chiede di non smantellare del tutto le attuali regole. Il punto che mette d’accordo tutti è lo stop alle gare con massimo ribasso, che comparivano nelle prime bozze del decreto semplificazioni. Una novità dell’ultima ora è l’introduzione dell’appalto integrato. E’ un passaggio che piace ai sindacati è l’intenzione di ridurre "di molto" le stazioni appaltanti ("Sono 39mila, mentre in Germania 3mila", si indigna Maurizio Landini) "migliorando la qualità del processo di investimento".

Sul tema dei subappalti, però, Draghi insiste sull’esigenza di conciliare la normativa europea che li "ha di fatto liberalizzati" (nella prima bozza del decreto non comparivano soglie) e "con la massima tutela del lavoro e della legalità". A tarda sera, in campo, due sono le ipotesi: la proroga almeno fino al 2023 della soglia del 40% per i subappalti o l’innalzamento del tetto fino al 60% o addirittura oltre, accompagnando la misura con tutele stringenti per i lavoratori di natura salariale, normativa e sulla sicurezza.