Antonio, neopatentato a 87 anni. "Un vita da giramondo e ora guido io"

L’imprenditore di Parma: ho scelto di fare l’esame perché volevo essere autonomo. I quiz? Troppi tranelli"

Antonio Nofroni, 87 anni

Antonio Nofroni, 87 anni

Ottantasette anni tondi tondi è di nuovo al volante. Antonio Nofroni, milanese d’origine e giramondo per vocazione, è neopatentato e conquista un vero e proprio record italiano. Cresciuto in Eritrea ha lavorato come geometra prima, riscoprendosi imprenditore poi. Ha dato vita ad attività in Africa e Sudamerica spaziando dall’edilizia alla falegnameria. Ha allevato rane, gamberetti, ha gestito un hotel, sempre senza scoraggiarsi di fronte alle disavventure che pure gli sono capitate.

Un libro nel cassetto che aspetta di essere pubblicato, la Croce di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e tre figli di cui va orgoglioso. Oggi vive a Traversetolo, nel Parmense, e non rinuncia a macinar chilometri. Una storia davvero eccezionale la sua. "In realtà di straordinario c’è poco – risata cristallina –: di patenti ne ho collezionate cinque, parlano tutte lingue diverse, ma la sostanza è la stessa".

Come si è trovato di nuovo in autoscuola, circondato da neomaggiorenni e da test a volte ostici?

"Molto bene, solo una nota dolente: i quiz. In Italia sembra che vogliano tendere tranelli, mentre le nozioni vanno spiegate in maniera lineare, imparate a memoria non servono a nulla".

Cosa ha provato? Temeva di non superare l’esame?

"Dopo quello che ho vissuto non mi spaventa più niente: ho guidato in tutto il mondo e in ogni tipo di strada".

La prova finale come è andata?

"Mi hanno fatto andare dappertutto, comprese tangenziale e autostrada. Insieme all’esaminatore c’era un altro ragazzo e tutto è filato liscio. I riflessi sono buoni: ho superato tutte le visite mediche e sono prudente".

Parliamo della sua vita: quasi per uno scherzo del destino è figlio di un autista.

"Già, i miei genitori, di origine toscana, si erano trasferiti a Milano, dove sono nato. Poi mio padre, l’autista appunto, è stato chiamato a lavorare in Eritrea. Inizialmente è partito da solo, mia madre ed io l’abbiamo raggiunto dopo qualche tempo. Erano anni caldi per l’Italia, ma la mia vita scorreva tranquilla. Ho frequentato le scuole italiane e mi sono diplomato geometra nel 1954, l’anno della mia prima patente. Piano piano ho dato vita alla mia prima impresa: una compagnia di costruzioni".

Poi si è trasferito in Etiopia.

"Volevo ampliare i miei orizzonti professionali, così ho aperto una concessionaria per la vendita di automobili. Successivamente sono tornato a Milano con la mia famiglia, per qualche tempo e sono stato "agganciato" da alcuni equadoregni che mi hanno parlato delle potenzialità del loro paese, specialmente nell’ambito della falegnameria. Non ci ho pensato due volte e ci siamo trasferiti là, ma l’avventura non è andata bene".

E lei non si sarà scoraggiato.

"Niente affatto, prima ho aperto un’azienda agricola, poi mi un allevamento di rane – ci sono rane che arrivano fino a un chilo e duecento grammi, sa – ho aperto un hotel con un socio e poi mi sono dato all’allevamento dei gamberi. Ho passato 30anni in Ecuador di tempo ne ho avuto. Infine sono tornato in Italia: purtroppo mia moglie era molto malata e abbiamo deciso di stabilirci a Traversetolo".

Una vita intensa…

"Una vita vissuta fino in fondo, e come mi ha detto l’istruttore dell’autoscuola: si può esser vecchi fuori, ma quel che conta è come ci si sente dentro".