Giovedì 18 Aprile 2024

Annuncia l’omicidio su Facebook Poi ammazza il compagno a coltellate

La donna sul social: "Non avrei mai pensato di arrivare a tanto, mi ha reso la vita impossibile". L’uomo era un pregiudicato

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di Nino Femiani

Finora i social avevano dato ospitalità a messaggi che anticipavano rotture di matrimoni, fine di amori, e anche suicidi o minacce criminali più o meno velate. Mai però un delitto era stato annunciato via Facebook, con parole agghiaccianti che hanno suscitato tra gli "amici" sottovalutazione, equivoci, se non vero e proprio disinteresse. Così quando Vanda Grignani, 36 anni, posta due suoi messaggi, sabato sera, a distanza di due minuti, quasi nessuno ci crede e la prende sul serio.

Il suo sfogo – forse un’accorata richiesta di aiuto per essere fermata per tempo – finisce nel rumore di fondo della Rete, con qualcuno che addirittura ipotizza che Vanda voglia farla finita e ammazzarsi. Un botta e risposta di post grotteschi, tra cuoricini e faccine. E invece la donna vuole solo anticipare che, di lì a poco, avrebbe ucciso in una casa del centro di Trapani, vicino alla Cattedrale, il suo convivente, Cristian Favara, 45 anni, precedenti per droga e per omicidio colposo, sottoposto all’obbligo di rientro a casa alle 23.

Una coltellata dritta al cuore dopo una discussione accesa, l’ennesima. L’uccisione di Favara, figlio di noti ristoratori di Trapani (il cous cous della madre Bettina è una prelibatezza della ristorazione locale) e anche lui per un certo tempo gestore di pub, diventa per i carabinieri un caso che si risolve in poche ore. Infatti è la stessa assassina a mettere la firma sull’omicidio, una firma "social" certo, ma davvero evidente. Alle 23,36 di sabato Vanda scrive: "Scusate vi voglio bene a tutti, mi manca la mia famiglia, sono sola. Questo essere mi ha portato all’esasperazione, stasera farò qualcosa che non avrei mai pensato". Due minuti dopo fa il bis: "Ho chiesto aiuto, questo pezzo di m... mi ha distrutto, la polizia e carabinieri di Trapani difendono lui. Ok va bene sono stanca, ho perso tutto non ho più niente da perdere, perdonatemi". Molti pensano al preannuncio di suicidio, cercano di tranquillizzarla, si mobilita il circolo del web per dissuadere quella che credono essere un’aspirante suicida. "Devi mantenere la calma e le situazioni si risolveranno". Rocco le dice: "Non essere precipitosa, rifletti, fa esasperare gli altri".

Sua zia Sara interviene e aggiunge: "Dimmi che problemi hai, non fare stronzate". Solo la cugina Veronica taglia corto: "La verità è che mia cugina non c’è più". Nessuno intuisce che Vanda non intenda compiere gesti di autolesionismo, ma farla finita con quello che considera il suo carnefice. Così appena lui torna a casa, con un’ora di ritardo sull’orario fissato nel provvedimento restrittivo, si scatena una discussione proprio sull’orario. È un pretesto, dietro ci sono anni di amarezze e incomprensioni, forse di angherie e ruvidezze subite. Al termine del litigio la donna prende un coltello da cucina e lo pianta nel petto dell’uomo. Un colpo mortale, per Favara non c’è scampo, muore all’istante. La donna viene arrestata poche ore dopo il delitto e confessa.

"Mi aveva reso la vita impossibile, anni di afflizione e tradimenti", mormora ai militari che la conducono nel carcere di Pagliarelli di Palermo. Scorrendo il suo profilo Facebook (uno dei tanti aperti dalla donna, bulimica della Rete) emerge una condizione di solitudine e disperazione. Vanda si sente sola, abbandonata: pubblica poesie di Alda Merini e citazioni che rivelano la nostalgia di quel focolaio familiare che non aveva più (la madre è morta recentemente) e di una vita complicata e difficile. E anche la tragica beffa: diffusasi la notizia dell’omicidio, Vanda viene scambiata per vittima dagli amici di Facebook, forse consapevoli di quel rapporto sentimentale sempre al limite. Favara era conosciuto nel mondo della droga trapanese. Il suo nome è legato alla morte di una giovane tossicodipendente, Roberta Oresti, 24 anni, uccisa da un mix letale di eroina e cocaina, che sarebbe stata ceduta proprio dall’ex ristoratore. Che per questo motivo venne condannato in primo grado a 7 anni e 6 mesi di reclusione ed era in attesa dell’appello.