Annapaola Xodo: "Mi volevo più bella, ho rischiato la morte"

Otto anni d'incubo per l'ex modella padovana, affetta da una malattia misteriosa dopo essersi rifatta il seno

Annapaola Xodo, malattia misteriosa dopo la chirurgia estetica

Annapaola Xodo, malattia misteriosa dopo la chirurgia estetica

Padova, 12 novembre 2018 - Un incubo lungo otto anni. Annapaola Xodo, ex modella padovana, dopo l’intervento estetico al seno a 22 anni è stata colpita da un male ancora semisconosciuto (e perciò sottovalutato) in Italia, la ‘breast implant illness’. Lei, ora 30enne, ha raccontato su Instagram il suo calvario, con foto nei letti di ospedale e post pieni di sofferenza, diventando il simbolo delle donne bersagliate da questo male oscuro. «Volevo un seno più grande per riconquistare il mio ex ragazzo, che giocava nell’Inter: mi aveva lasciata per una donna con un seno abbondante. A pensarci bene, ero perfetta, che stupida», ricorda Annapaola. Dopo 20 giorni il gonfiore alle gambe, una pericardite acuta, gonfiore alla lingua, agli occhi, alla bocca e una serie infinita di visite mediche, ricoveri e dolori lancinanti. Finché non si è rivolta a Crystal Harris Hefner, moglie del fondatore di Playboy, che le ha consigliato la dottoressa Feng, microchirurgo di Cleveland. Dopo aver asportato protesi e capsule, un intervento eseguito a un millimetro dal cuore, Annapaola vede la luce. 

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Riguardando questi otto anni d’inferno, cosa vede? «È stato un calvario. Mi sono sentita molto sola. Ho digerito tanta cattiveria, non ero capita da nessuno: mi sono sentita abbandonata da amici e medici. Se ci ripenso, avevo il mondo in mano ed ero nel pieno della carriera lavorativa come modella e progettista di interni di design. Ho perso tutto».

Rifarebbe quell’intervento estetico? «Assolutamente no. Ma non sono contraria alla chirurgia: servono esami più attenti perché geneticamente siamo tutti diversi e le reazioni possono essere gravissime».

Ha mai pensato di farla finita durante questi sette anni? «Sì. Due anni fa volevo lasciarmi morire, non ce la facevo più. Ho vissuto una profonda depressione».

Cosa ha perso in quegli anni? «Ho buttato via il periodo più bello della mia vita. Con gli amici non è stato facile, stavo male un giorno su due e mi sentivo un’aliena, perché non venivo creduta. Mia madre e il mio secondo papà mi hanno salvato».

E cosa, invece, ha imparato? «Che bisogna amarsi per come siamo. Ero nel pieno del mio splendore e dovevo apprezzarmi. Nessuno si deve modificare per qualcun altro».

Quale consiglio vuole dare alle ragazze che sognano di rifarsi il seno o di assomigliare a questa o quella showgirl? «Fate tutti gli esami possibili e immaginabili, fate test genetici».

Cosa le scrivono le donne che hanno bisogno di aiuto? «Dopo il mio post su Instagram, 35 donne con la mia stessa malattia mi hanno contattato. Mi dicono che sono la loro ancora di salvezza. Hanno vissuto il mio incubo, anche se non sono arrivate così vicine alla morte. A me restavano tre settimane di vita, ha sentenziato la professoressa Feng».

Cosa vuole fare per tutte queste donne? «Creare un’associazione per aiutare le vittime della ‘breast implant illness’. In Italia nessuno ha voluto salvarmi operandomi, secondo gli esperti italiani questa malattia non esiste».

Crede che la rivoluzione dei social, con la necessità di apparire sempre, abbia una colpa nella corsa delle donne gli interventi estetici? «I social trasmettono spesso immagini poco reali. Il chirurgo deve fermare chi non ha bisogno di interventi e consentire di cambiare l’estetica solo in casi di necessità assoluta».

C’è il boom di uomini che vogliono rifarsi, perché devono postare le foto perfette. «E io dico: ‘Siete tanto giovani, pensateci bene’. Siamo bombardati da immagini di persone bellissime e i ragazzini così insicuri e vulnerabili cercano la perfezione estetica che non esiste».

Il suo ex ha saputo che lei ha rischiato la vita per lui? «Sì, ma non ha mosso un dito».

Crede che sarebbe il caso di alzare l’età minima per fare un intervento estetico? «Sì, ad almeno 25 anni, a diciotto si è troppo piccoli».