Sabato 20 Aprile 2024

Pepita Corbo: "Anch’io sparita nei boschi a 2 anni. Unico ricordo: un raggio di sole"

Ancona, nel 1981 Maria Corbo aveva 22 mesi: "Per recuperare la memoria di quei giorni ho usato l’ipnosi"

Maria Corbo all'epoca con il cane e il cacciatore che le salvarono la vita

Maria Corbo all'epoca con il cane e il cacciatore che le salvarono la vita

Quarant’anni fa era stata lei a perdersi in un bosco, quello del monte Conero, dove viveva con la sua famiglia e dove era rimasta tre giorni prima che un cacciatore la trovasse. Aveva 22 mesi, solo un mese in più rispetto al piccolo Nicola sparito e ritrovato in una scarpata mercoledì scorso, nel Mugello, dopo due giorni di ricerche. Pepita, vale a dire Maria Corbo, 41 anni, oggi vive a Roma dove è caporedattore di una stazione radiofonica, quella di Roma Capitale. Ha due figli, è una mamma sprint e l’esperienza vissuta da piccolina non l’ha per nulla turbata, anzi è diventata la sua forza.

Maria, lei rimase traumatizzata per essere rimasta tre giorni da sola nel bosco?

"Non sono cresciuta con un trauma ma solo con la voglia di sapere cosa era successo quei giorni perché da più grande non ricordavo niente se non quello che mi era stato raccontato dai miei familiari nel tempo, come una fiaba. La voglia di sapere era così forte che a vent’anni chiesi ai miei genitori di sottopormi ad ipnosi per poter cogliere qualche ricordo in quel modo. Mio padre è un neuropsichiatra e mia madre è una programmatrice neurolinguistica quindi ero in buone mani".

Perché proprio arrivata a vent’anni?

"Perché ci fu un secondo caso dopo il mio, una bambina, in Abruzzo, ritrovata dopo due giorni grazie ad un cane che si chiamava Hakunamatata. Anche quella volta come per me si erano attivati in tanti a cercarla. Quando apprendo notizie di bambini dispersi nel bosco c’è qualcosa di emotivo che si muove in me perché comunque sono notizie che in qualche mondo mi riguardano avendola vissuta. Il desiderio di sapere bene cosa era successo l’ho sempre avuto e così dopo la bambina abruzzese chiesi ai miei genitori di provare con l’ipnosi e loro mi appoggiarono".

Come andò?

"Un ricordo è affiorato, quello del momento in cui sono stata ritrovata, non ho ricordato il cacciatore ma il calore dei raggi del sole che si avverte come quando ci si sveglia dopo il lungo sonno. Poi ho visto le sterpaglie mezze secche che erano sotto di me. Solo quello ho ricordato e ho deciso che me lo farò bastare. Non ho più pensato ad andare oltre".

Come mai?

"Ho seguito il consiglio e l’esperienza di mio padre che mi disse che la memoria ti rimanda a quello che è utile ricordare e se aveva voluto rivedere solo quel momento dovevo accettare questo perché visto che non avevo avuto traumi nel crescere non era il caso di rischiare e tirare fuori un vissuto ormai lontano che poi avrei rischiato di non saper gestire. Aveva ragione. Fino all’adolescenza sono vissuta in un mondo tutto mio, un po’ per aria ma non è stato per il bosco, è una conformazione di carattere perché vedo che mia figlia adesso fa lo stesso, è come me".

Cosa augura al piccolo Nicola?

"Che la viva come me, trattato come una persona normale che crescerà da persona normale, senza traumi, ma qui avranno un ruolo fondamentale i suoi genitori. I miei non fecero forzature con me, mi trattarono come i miei quattro fratelli e quando c’era qualche parente che mi metteva all’angolo dicendo “poverina, che ti è successo“, lui li allontanava subito. Dai racconti di mia sorella so che solo con lei ho detto qualcosa, che l’avrei portata nel bosco a farle vedere i folletti che mangiavano dalla mano, chissà, forse ho incontrato una volpe. Mio padre rifiutò di farmi diventare il testimonial di alcuni giocattoli. Dopo l’accaduto infatti si presentarono a casa diversi rappresentanti che lo chiesero. Mi lasciò fare una vita normale".

Un consiglio da dare ai genitori di Nicola?

"Sarebbe più indicato mio padre a darne".