Saman, "Anche le mamme contro queste ragazze"

Tiziana Dal Pra (Trama di Terre): "Spesso in famiglia si schierano con il padre per difendere l’onore. È la violenza che impone le regole"

Una manifestazione di donne pakistane in occasione dell’8 marzo

Una manifestazione di donne pakistane in occasione dell’8 marzo

"Ai controlli delle forze dell’ordine e dei servizi sociali nelle famiglie ancora troppe volte non seguono interventi decisi, come nel caso di Saman, perché molto probabilmente c’è la paura di essere considerati razzisti". Per Tiziana Dal Pra, attivista e fondatrice di Trama di Terre, associazione che ha gestito il primo rifugio in Italia per ragazze fuggite dai matrimoni forzati, è ora di abbattere pregiudizi e stereotipi. "Finché la sinistra si ritrae e la destra attacca, la confusione aumenta. E alla fine a farne le spese sono le donne che vivono in questi contesti".

Servono misure più drastiche, come la revoca del permesso di soggiorno a chi non condivide i valori della Repubblica?

"Una legge del genere sarebbe discriminatoria e potrebbe essere controproducente. Spesso le ragazze costrette a matrimoni forzati non denunciano la famiglia proprio perché hanno paura di far perdere il lavoro ai propri familiari. Un cambiamento solo repressivo non è possibile. E poi c’è l’altra faccia della medaglia".

Cioè?

"Se mandiamo via i genitori e teniamo i figli in Italia, cresceremo giovani pieni di sensi di colpa, macerati da un dolore interiore enorme, causato dalla perdita definitiva dei legami familiari. Bisogna creare percorsi per fare uscire queste ragazze dalla loro sfera privata. Hanno bisogno di confronto, di stare con altri ragazzi e ragazze. Non può bastare quello che vedono su Internet. Anche perché le altre risposte che abbiamo dato finora non servono davvero a nulla".

Cosa intende?

"Quando casi come quello di Saman esplodono, spuntano immediatamente tavoli interreligiosi con gli imam. Il grado di efficacia è lo stesso di una commissione parlamentare: zero".

L’Ucoii nei giorni scorsi ha lanciato una fatwa contro chi costringe le donne ai matrimoni forzati. È un passo avanti?

"Ma di cosa stiamo parlando? Sono contenta per loro, ma non conta nulla. Le religioni sono un atto di fede privata, ma le leggi sono discusse e approvate dallo Stato. Perché nessuno chiede all’Ucoii se le ragazze, secondo loro, sono libere di scegliere se indossare o meno il velo o possono partecipare alle gite scolastiche? Sarei curiosa di sentire la risposta".

Cosa si può fare di concreto?

"Serve subito un monitoraggio per capire quante donne tra i 16 e i 25 anni vivono in contesti simili a quello di Saman. Bisogna capire se vanno a scuola o sono chiuse in casa".

Nel caso Saman la madre ha avuto un ruolo fondamentale. Anche per lei chi non si comporta da musulmano deve essere ucciso. Come si spiega un comportamento così?

"La madre in questi contesti difende l’onore e il diritto del padre. E se sbaglia viene punita, perché non è stata in grado di far crescere correttamente la propria figlia. Molto spesso è la violenza, in questi contesti, a imporre le regole. Regole che erano presenti anche in un nostro passato recente, che sono state sconfitte dalla lotta delle donne e che non hanno senso di esistere. Tutte queste madri sono recluse in casa: non fanno corsi di italiano e non partecipano a nulla che non sia organizzato dalla famiglia. Tutto quello che non vedono e non capiscono per loro diventa pericoloso".

Ma perché non si ribellano?

"Anche se volessero, sono sole. La nostra società cos’ha mai fatto per loro? Non sappiamo nemmeno quante siano. Queste donne non hanno mai scelto nulla nella loro vita, nemmeno l’amore: sposano sempre dei loro cugini e la famiglia allargata diventa di fatto una prigione".