Giovedì 18 Aprile 2024

Operai morti per l’amianto, al processo Pirelli si aggiungono altre 4 vittime

La tragica contabilità dei morti d’amianto va aggiornata. Erano 22 all’inizio del dibattimento, ma ora sono 26 quelli entrati nel processo agli ex vertici della Pirelli. Ieri il pm Maurizio Ascione ha precisato il capo d’accusa, che per quanto riguardava gli ultimi quattro operai malati, parlava di lesioni gravissime di Mario Consani

Pericolo amianto

Pericolo amianto

Milano, 28 novembre 2014 - La tragica contabilità dei morti d’amianto va aggiornata. Erano 22 all’inizio del dibattimento, ma ora sono 26 quelli entrati nel processo agli ex vertici della Pirelli. Ieri il pm Maurizio Ascione ha precisato il capo d’accusa, che per quanto riguardava gli ultimi quattro operai malati, parlava di lesioni gravissime. Ora anche per queste morti si tratta di omicidio colposo. Ma sempre ieri uno degli undici ex dirigenti della fabbrica a giudizio si è difeso: «Non conoscevamo i rischi legati alle polveri». Quello giunto ormai alle battute finali davanti al giudice Raffaele Martorelli è solo il primo processo sul caso Pirelli, che nel frattempo ha visto inaugurare un secondo e poi un terzo filone d’inchiesta legati a nuovi casi e nuovi morti per le polveri, ora riuniti - questi ultimi due - in un altro dibattimento con gli stessi imputati anche davanti al giudice Anna Maria Gatto. Undici sono ad oggi gli ex amministratori tuttora viventi sotto processo, nella lunga catena di comando Pirelli del periodo tra gli ’70 e gli anni ’80, individuato come probabile per l’insorgenza delle malattie legate alle fibre.

Secondo l’accusa, gli operai subirono negli anni “esposizioni massicce e ripetute” alle fibre di amianto negli stabilimenti di viale Sarca e di via Ripamonti, che causarono, stando anche alla più recente letteratura scientifica, le malattie e i decessi. Ieri uno degli imputati, Guido Veronesi, componente del consiglio di amministrazione della Pirelli dal 1982 al 1984 e fratello dell’oncologo ed ex ministro della Sanità Umberto, accusato di omicidio colposo e lesioni colpose con l’aggravante di aver violato le normative sulla sicurezza in relazione ai tumori contratti, si è difeso. «Il consiglio di amministrazione non aveva la consapevolezza di una situazione di rischio legata all’amianto», ha dichiarato a proposito delle polveri respirate negli stabilimenti milanesi dell’azienda tra la fine degli anni Settanta e quella degli anni Ottanta.

Veronesi, ingegnere, 92 anni, durante l’esame ha spiegato che all’epoca il cda «non aveva mai trattato denunce su problemi legati all’amianto presentate dal sindacato di fabbrica degli stabilimenti del quartiere Bicocca e di via Ripamonti. «Personalmente - ha aggiunto - non ero consapevole di problemi alla salute connessi all’amianto, e il cda non sapeva che il materiale per la coibentazione degli stabilimenti milanesi era fatto di questo materiale». Terminato l’esame dell’unico imputato che aveva chiesto la parola, il processo è stato rinviato al 19 dicembre, quando è prevista la requisitoria del pm Ascione. Lo stesso magistrato nei giorni scorsi, in un altro processo per morti d’amianto, aveva chiesto condanne pesanti, tra 2 e 8 anni e mezzo di carcere per omicidio colposo, nei confronti di sei persone, tra cui ex vertici di Enel e ex responsabili della centrale termoelettrica di Turbigo. Otto gli operai morti, in quel caso, perché, secondo l’accusa avrebbero respirato polveri di amianto sempre negli anni tra ’70 e ’80.