Ambiente e Transizione Il ministero si fa in due A Meloni l’ultima parola sui dossier che scottano

Altolà di Tajani alla premier in pectore: "I tecnici siano un’eccezione". L’azzurro prenota gli Esteri, La Russa verso la presidenza di Palazzo Madama

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di Antonella Coppari

La squadra di governo sarà pure un rompicapo, ma la strategia da inventare per far fronte a una crisi di giorno in giorno più minacciosa lo è molto di più, e passa anche per commissari, ministri e dicasteri. Il nome del prossimo responsabile della Transizione energetica, dicastero che da centralissimo è diventato fondamentale, non c’è. Prive di conferma le voci di una permanenza al suo posto di Roberto Cingolani, ma non prive di qualche fondamento. Tanto più che lui stesso afferma: "Ho informato di qualunque sviluppo internazionale mi stessi occupando. È mio dovere concordare con il premier ma, in accordo con lui, avvisare chi viene dopo della direzione in cui stiamo andando e per quali motivi". Giorgia Meloni avrebbe in compenso deciso di spacchettare il ministero: l’Ambiente da una parte, la Transizione dall’altra. Magari sotto le dirette dipendenze di Chigi, come super struttura commissariale. Una mossa significativa: non si possono permettere troppi distinguo ambientalisti quando in ballo c’è il rifornimento energetico del paese, delle famiglie, delle aziende.

La crisi energetica e il caro bollette sono in questi giorni la vera ossessione della futura premier, che ieri sui social scriveva: "La priorità è fermare la speculazione sul gas. Continuare all’infinito a compensare il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese, sarebbe un errore". Il messaggio sembra netto: no all’ipotesi di un maxiscostamento di bilancio. Strada battuta dalla Germania, ma Roma non è Berlino e fare altro deficit sarebbe inaccettabile per l’Europa. Ed è una sfida che la leader di FdI, convertita se non all’europeismo alla realpolitik, non vuole lanciare. Ancora una volta Giorgia si conferma molto più draghiana di quanto fosse sospettabile qualche mese fa. Non stupisce la voce (anche qualcosa di più), di una attività diplomatica dell’attuale premier per rassicurare gli alleati europei che la temibile sovranista è in realtà affidabile. Quanto alla strategia, Cingolani non ha dubbi: "La direzione è obbligata". Ovvero, la completa indipendenza energetica dalla Russia entro il 2024. Si può scommettere che Giorgia seguirà la tabella di marcia di Draghi.

Naturalmente il primato della crisi energetica non cancella la sciarada dei ministeri, che Giorgia vuole chiudere presto per avere entro il 20 un esecutivo nei pieni poteri. Difficile, benché non impossibile, che rappresenti lei l’Italia al consiglio europeo del 20-21. Per l’Interno la soluzione dovrebbe essere un tecnico indicato da Matteo Salvini, che assumerebbe il doppio ruolo di vicepremier e ministro dell’Agricoltura. Solo che il profluvio di tecnici innervosisce Forza Italia: il problema non lo crea l’Economia (dove Giorgia vorrebbe Fabio Panetta) o il Viminale ma la paura che l’incaricata abbia in mente il colpaccio assegnando a tecnici anche due ministeri chiave, in particolare per FI che ne vuole almeno uno: Salute e Istruzione. "I non politici siano dei casi non la regola", dichiara Antonio Tajani, accusato da alcuni azzurri di giocare in proprio con la Meloni. Lui sarebbe destinato al ministero degli Esteri mentre la Difesa finirebbe in mano a Guido Crosetto. Ignazio La Russa si consolerebbe ampiamente diventando presidente del Senato. La Camera spetterebbe invece a un leghista, con Riccardo Molinari in pole position. Sempre che a sorpresa il Cavaliere non decida di far saltare tutto proponendo un altro per la guida del Senato: Silvio Berlusconi.