Amadori, guerra in famiglia La nipote licenziata: faccio causa

La nota del colosso romagnolo: "Regole uguali per tutti". Francesca: "Scelta dettata da altre motivazioni"

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di Paolo Morelli

Sembra la sceneggiatura di una soap opera sullo stile di Beautiful, invece è tutto vero: l’Amadori, seconda azienda italiana nel settore delle carni bianche, ha posto fine con effetto immediato al rapporto di lavoro con Francesca Amadori, nipote del fondatore Francesco, alla vigilia del novantesimo compleanno, e figlia di Flavio, l’attuale presidente. In sostanza si tratta del licenziamento di una dirigente di primo livello, responsabile della comunicazione di un gruppo che fattura oltre 1,2 miliardi di euro e ha 8.500 dipendenti.

Il provvedimento è stato notificato a Francesca Amadori (45 anni, fino a poco tempo fa sembrava destinata a raccogliere l’eredità di nonno Francesco) tre giorni fa, mentre era in isolamento causa Covid. A rendere ancora più realistica l’atmosfera da soap opera, la comunicazione è stata inviata mentre il padre Flavio stava tornando da una vacanza alle isole Maldive insieme alla compagna.

La notizia avrebbe potuto rimanere sotto silenzio a lungo se la manager non avesse convocato a tambur battente il consiglio d’amministrazione di Romagna Iniziative, consorzio che riunisce 13 fra le principali realtà economiche della Romagna e opera a sostegno dello sport giovanile e della cultura, e avesse dato le dimissioni da presidente, spiegando con trasparenza quel che era appena accaduto. Gli imprenditori di Romagna Iniziative le hanno manifestato grande stima e le hanno chiesto di mantenere il ruolo di presidente. Ora la situazione è in stallo, in attesa di sviluppi.

Ieri mattina, dopo che il nostro giornale aveva pubblicato la notizia in esclusiva, l’azienda Amadori ha diffuso una secca nota: "In relazione alle notizie apparse sugli organi di informazione, Gesco Sca conferma che il rapporto lavorativo con Francesca Amadori – figlia del presidente e nipote del fondatore del gruppo Amadori – si è concluso per motivazioni coerenti e rispettose dei principi e delle regole aziendali, valide per tutti i dipendenti senza distinzione alcuna". Nemmeno i ringraziamenti di rito, che non si negano neppure a un allenatore di seconda categoria esonerato in zona retrocessione.

A stretto giro di posta (elettronica) è arrivata la replica di Francesca Amadori: "In merito alle notizie che riguardano la mia persona, desidero precisare che nei 18 anni di attività lavorativa presso il Gruppo di famiglia, ho sempre operato in maniera eticamente corretta e nell’interesse dell’azienda, animata dal sentimento di attaccamento che da sempre mi lega all’impresa fondata da mio nonno Francesco. Quanto al licenziamento, preciso che sto valutando le iniziative più opportune per oppormi a un provvedimento che ritengo ingiusto e illegittimo e che non riguarda la violazione di alcuna regola aziendale, trovando al contrario fondamento in altre logiche che dovranno essere appurate nelle opportune sedi". Insomma, una dichiarazione di guerra in piena regola che promette fuoco e fiamme.

All’Amadori non è la prima volta che ci sono terremoti di questa portata: nel 1998 se ne andò sbattendo la porta Arnaldo Amadori (deceduto nel 2017) che nel 1969 aveva fondato l’azienda insieme al fratello Francesco, sviluppando l’attività agricola dei genitori. E nel 2014 aveva lasciato il commercialista Germano Lucchi, amico e socio da una vita, principale artefice di un complesso sistema cooperativo congegnato in modo da mantenere il controllo nelle mani della stessa famiglia per più di cinquant’anni.