Alunna coi jeans strappati, prof ci mette la toppa

Cosenza, la vicepreside copre con lo scotch i buchi dei pantaloni di una studentessa. Proteste davanti a scuola e polemiche social

 i jeans con lo scotch messo dalla docente

i jeans con lo scotch messo dalla docente

di Viviana Ponchia

COSENZA

Chi stabilisce i confini del decoro, chi decide quale sia l’abbigliamento opportuno a scuola. Siamo sempre lì. O forse stavolta anche più avanti. Al liceo Lucrezia della Valle di Cosenza la vicepreside ha scelto la via più rapida per mettere in riga una studentessa con i jeans strappati: ha coperto i buchi con il nastro adesivo. Tentazione che deve avere sfiorato tanti genitori vedendo uscire di casa i figli con i pantaloni a brandelli, ma che di solito viene allontanata con un’alzata di spalle: sono ragazzi, è la moda. La mossa dello scotch ha preso tutti in contropiede e provocato una piccola bufera, anche se la dirigente scolastiche sostiene che i ragazzi l’hanno presa come un gioco e si sono persino divertiti.

Non tutti però. Giorni fa la vicenda era stata denunciata su Facebook dal Fronte della gioventù comunista, ieri mattina davanti alla scuola è stato organizzato un flash mob di protesta. Pochi i presenti, perché a detta dei manifestanti una circolare avrebbe minacciato provvedimenti in caso di assenza. Ma qualcuno non è voluto mancare all’appuntamento e le ragazze hanno indossato anche loro i jeans strappati con la toppa della discordia. "Il vostro decoro – c’era scritto su uno striscione – è violenza e repressione. No alla scuola dei padroni". Era il 23 maggio quando i giovani comunisti trasecolavano sui social: "L’abbigliamento di un ragazz# non può essere determinato da un presunto dress code della scuola. Non è riportato in alcun documento legale e nega il diritto di ogni persona di esprimersi attraverso il proprio modo di sentire. Riteniamo vergognosi atti di questo genere che si sarebbero ripetuti svariate volte e sono il frutto di cosa è diventata la scuola pubblica. La competizione fra i vari istituti, sempre più simili ad aziende, li porta a volere apparire all’esterno come scuole d’elite con studenti perfetti, imponendo norme assurde come questa". Il Comune censura la docente: "Cosa si intende per buon senso e decoro nell’abbigliamento e, soprattutto, chi lo stabilisce? Per quale motivo i ragazzi dovrebbero vestirsi a scuola in maniera diversa da come si vestono fuori? Anche il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, boccia l’intervento: "In classe si deve andare vestiti in maniera decorosa e su questo non ci piove. Ma un jeans strappato lo vedi in vetrina in via Montenapoleone a Milano e in via Condotti a Roma. Se una ragazzina li mette a scuola è semplicemente di tendenza". E poi c’è una sottile linea rossa fra educazione e umiliazione: "Stiamo tornando all’età della pietra – insiste Marziale – ricordo che Maradona fece scandalo perché scendeva in campo con l’orecchino. Una professoressa può suggerire un abbigliamento diverso, fornendo però le dovute spiegazioni".

E qui entra in gioco la tenuta emotiva del personale docente, non sempre all’altezza della situazione. Caso esemplare quello del liceo classico Albertelli di Roma, dove una studentessa si presentò vestita "in modo non adeguato". Seguì la vibrante protesta della ragazza: "E chi lo dice? Come si permette?". E un niente di fatto in presidenza. Seguito però qualche giorno dopo dal commento su Facebook di un insegnante di latino e greco di Genova estraneo alla vicenda: "Sta zoccoletta avrà quel che si merita non appena troverà un superiore nella sua vita lavorativa". Quotava il film "Un sacco bello di Verdone", ma la citazione è stata presa come l’ennesima uscita sessista. Sulla stessa linea altre perle: "Copriti la pancia, che stai sulla Salaria?". E "Oggi facciamo una preghiera per tutti quelli che mandano le figlie a scuola vestite come prostitute".