Venerdì 19 Aprile 2024

Altro caso dopo Enea Il parto nel capannone Poi abbandona la figlia in ospedale

La mamma, 37enne, italiana senza fissa dimora, ha chiesto aiuto al 118. Portata al pronto soccorso con la neonata (che ora sta bene),. ha deciso di andarsene. Nessun ripensamento sulla scelta.

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Altro caso dopo Enea Il parto nel capannone Poi abbandona la figlia in ospedale

di Anna Giorgi

e Marianna Vazzana

Un’altra storia di abbandono a Milano, dopo quella del piccolo Enea lasciato nella ’Culla per la vita’ della clinica Mangiagalli il giorno di Pasqua. Stavolta senza lettere commoventi, ma ancora con tanto amore, perché la mamma italiana, 37 anni, senza fissa dimora e una esistenza difficile alle spalle, voleva essere sicura che la sua piccola venisse curata in ospedale. Così, dopo aver partorito, da sola, sul pavimento di una caserma dismessa a Quarto Oggiaro, all’estrema periferia nord ovest di Milano, 8 chilometri dal Duomo, ha chiamato il 118. Ma i soccorritori all’arrivo hanno trovato ogni accesso dell’edificio sbarrato: impossibile entrare. Così hanno allertato i vigili del fuoco che hanno aperto un varco consentendo agli operatori di raggiungere mamma e neonata per prestare loro le prime cure e poi accompagnarle all’ospedale Buzzi. Un’ora dopo la bimba era al reparto pediatrico. "È arrivata alle 11.30 – fa sapere Gian Vincenzo Zuccotti, primario di pediatria – e sta bene, i parametri sono buoni e anche il peso, di 2 chili e 650 grammi, è adeguato. L’abbiamo adagiata nella termoculla per stabilizzare la temperatura corporea". La piccola era avvolta in una coperta quando gli è stata affidata. Nata da un’ora, senza ancora neppure un nome. Saranno i medici e gli infermieri del Buzzi a decidere come chiamare la piccola creatura, coccolata già da tutti. Fra dieci giorni, il tempo previsto dalla legge, se la madre non ci ripenserà, verranno avviate le pratiche per l’adozione con tanti auguri di una vita felice.

Resta la sofferenza della mamma che di sé non ha voluto fare sapere nulla. E in questo la tutela la legge. Assicuratasi, come ultimo gesto d’amore, che la bimba venuta alla luce fosse in buone mani e che avrebbe avuto tutta l’assistenza che meritava, ha chiesto di potersene andare subito dall’ospedale e soprattutto "di essere dimenticata", già annunciando che non tornerà sui propri passi e che lascierà la sua bimba alle braccia di chi la potrà accogliere e curare. "Rispettiamo il riserbo della donna, che ha chiesto l’anonimato e che certamente non vuole tutto questo clamore – dice Irene Cetin, direttrice del dipartimento Donna-mamma-neonato al Buzzi –. Queste sono situazioni molto pesanti per le donne, che in alcun modo devono sentirsi colpevolizzate. Sarà meglio toccare l’argomento a distanza di tempo, quando non sarà in alcun modo “personalizzabile“".

La chiamata al 118 è arrivata ieri mattina pochi minuti prima delle 10. La fabbrica dismessa in cui è avvenuto il parto naturale e veloce è in via Giovanni Barrella all’altezza dei civici 4 e 6 dove una volta sorgeva la Caserma Masarin della polizia di Stato e, accanto, la sede della Henkel per il commercio all’ingrosso di saponi, detersivi e altri prodotti per la pulizia. Una volta in ospedale, in un primo momento la 37enne si è rifiutata di fornire le proprie generalità ai medici, proprio perché non voleva che in alcun modo la bimba fosse ricondotta a lei.

L’ospedale ha quindi dovuto avvertite i carabinieri che, come da prassi, hanno chiamato il pm di turno Enrico Pavone che ha convinto la donna a farsi identificare (per non ricorrere in una inevitabile denuncia), garantendole l’assoluto anonimato previsto dalla legge. Azione legittima: il Dpr 396 del 2000 tutela le donne che, dopo il parto, decidono di dare in affidamento il figlio. Poi la mamma, in buona salute, si è allontanata.