Giovedì 18 Aprile 2024

Allarme fascismo "Falso problema Demonizzare l’avversario lo aiuta"

Marek Halter, scrittore ebreo perseguitato dai nazisti: "La sinistra ha perso forza di attrazione"

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Giovanni

Serafini

Se c’è un intellettuale che può parlare di nazismo e di fascismo sapendo quel che dice, è senza dubbio Marek Halter. Ebreo polacco naturalizzato francese, nato nel ghetto di Varsavia da una poetessa yiddish e da un tipografo, aveva quattro anni quando Hitler invase la Polonia. La sua famiglia scappò in Ucraina e il piccolo Marek visse tutti gli orrori di quel periodo: vide sua sorella Berenice morire di fame a tre anni, i suoi genitori ammalarsi di stenti e malattie. Oggi, a 86 anni, scrittore noto in tutto il mondo, descrive nei suoi libri la confusione della nostra epoca, il pressappochismo imperante, la scomparsa dei ’profeti’ sostituiti da leader politici senza statura né ideali. Parliamo con lui della crescita dell’estrema destra in Francia, in Italia e in Europa, di cosa rappresenta realmente e delle strategie per combatterla.

Marek Halter, cosa vuol dire oggi essere fascisti?

"Non significa niente. Queste due parole, ’fascismo’ e ’oggi’, non possono stare insieme. Il fascismo è un riferimento storico, qualcosa che appartiene al passato, di cui si parla spesso a vanvera. Il fascismo per me è Mussolini, è Hitler, è la guerra mondiale, è la caccia agli ebrei e agli oppositori politici, è il sangue, lo sterminio, la distruzione".

Pensa che ci siano eredità, legami, continuità ideologia fra passato e presente?

"La storia non si ripete. Il mondo è cambiato, non siamo alla vigilia di una ’Notte dei cristalli’. La Francia è una grande democrazia, come l’Italia, come la Germania, come tutti gli altri paesi occidentali. Ricorda cosa diceva Marx? I grandi avvenimenti si producono sempre due volte: la prima sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di farsa. Ecco, il fascismo di cui si parla oggi ha i tratti tipici della farsa".

Come giudica il fatto che la sinistra accusi di neofascismo gli avversari della destra?

"È un modo per demonizzarli. Ma un partito rappresentato in Parlamento non può al tempo stesso stare dentro e fuori rispetto allo schieramento democratico. Puoi combatterlo, puoi criticarlo, puoi contestarlo in mille modi perché questa è l’essenza della democrazia: ma demonizzarlo no, è sbagliato, è illogico. Oltretutto è controproducente perché permette all’avversario di atteggiarsi da vittima".

Secondo lei nella nostra società non esiste il pericolo di derive fasciste?

"Il problema non è la forza d’attrazione del fascismo, è l’assenza di forza di attrazione della sinistra. Se l’estrema destra cresce è perché è diventata più abile, più furba. Il partito di Marine Le Pen si è umanizzato, non commette gli errori del vecchio Jean-Marie Le Pen ed è votato anche dagli operai e dalle classi sfavorite . Succede anche in Italia: Giorgia Meloni in più ha il vantaggio di non uscire da una famiglia di razzisti e di fascisti. Non ha scheletri nell’armadio".

In questi giorni è stata duramente criticata per non aver tolto la fiamma tricolore dal simbolo del suo partito.

"Non averlo fatto è un errore strategico da parte sua. Strizzare l’occhio al passato, in particolare a quel passato, non è una buona scelta. Ma probabilmente si tratta di una forma di marketing politico rivolto a qualche nostalgico, per non perdere voti. Comunque non mi sembra il caso di farne una tragedia. La demonizzazione, ripeto, ottiene il risultato opposto a quello sperato".

Lei dice che i partiti sono deboli. Perché?

"Perché non propongono progetti credibili di società. C’è chi si arrocca in schemi del passato e chi invece vorrebbe disfare tutto, ma senza sapere dove andare. Il risultato di queste componenti opposte è l’immobilità. Poi c’è la confusione, l’ambiguità che regna sovrana. Guardiamo cosa sta succedendo dopo l’attacco di Putin all’Ucraina: gran parte dei capi di Stato africani stanno dalla parte di Putin, non perché ne condividano le idee, ma semplicemente perché combatte gli ex colonizzatori e perché elargisce armi, gas e petrolio. Idem per l’America Latina, che non è comunista ma odia la Nato e gli Stati Uniti. Per non parlare di quella ’gauche’ europea che in nome del pacifismo assiste senza reagire al massacro di tutto un popolo".

Putin è un fascista?

"Fascista, comunista... Queste definizioni non hanno senso, sono fuorvianti. Il crinale è ben diverso. Oggi la domanda da farsi è: sei pro o contro Putin? Sei europeista o no? Credi nei valori dell’Occidente o no? Sei un nazionalista o un universalista? Questa è la frontiera dei nostri tempi".