Martedì 23 Aprile 2024

Allarme di Taiwan: la Cina sta per invaderci

Pechino avvia incursioni aeree dimostrative. Il ministro dell’isola: "Tensione mai così alta. Entro il 2025 saranno pronti all’occupazione"

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Taiwan lancia un nuovo allarme. "Se la Cina volesse attaccarci ora sarebbe già in grado di farlo. Però, continuando ad aumentare il suo potenziale, entro il 2025 avrà ridotto i costi e le perdite al livello più basso possibile e sarà capace di organizzare un’invasione su vasta scala". Il ministro della Difesa dell’isola Chiu Kuo-cheng ha tracciato uno scenario da incubo nell’audizione parlamentare sul budget da 8,6 miliardi di dollari per missili anti-nave e nuove unità navali, ammettendo di non essersi mai "trovato in una situazione così pericolosa" in 40 anni di esperienza militare.

Pechino ha aumentato la sua assertività inviando a inizio ottobre, per quattro giorni di fila, quasi 150 caccia da guerra nella zona di identificazione di difesa aerea di Taiwan, a segnalare la crescente impazienza contro la provincia ribelle destinata alla riunificazione anche con la forza, se necessario. Partite nel giorno della fondazione della Repubblica popolare, le incursioni hanno toccato il 4 ottobre un record di 56 unità, comprensive di bombardieri con capacità nucleare. Il vero brivido a Taipei, tuttavia, lo ha provocato il presidente Joe Biden, al cui Paese l’isola affida la sua sopravvivenza. "Ho parlato con Xi (l’ultima telefonata è del 9 settembre, ndr), ci atterremo all’accordo su Taiwan", ha detto Biden. La Casa Bianca ha chiarito che il presidente si riferiva alla politica Usa in atto da quando Washington trasferì il riconoscimento diplomatico da Taipei a Pechino, nel 1979. Gli Stati Uniti hanno una ‘politica dell’Unica Cina’ (come l’Ue), riconoscendo in via ufficiale Pechino sulla base di tre comunicati congiunti, sei assicurazioni e del Taiwan Relations Act, che obbliga Washington a fornire a Taipei le attrezzature militari di difesa in un rapporto non ufficiale e non diplomatico. La Cina valuta le dichiarazioni puntando a imporre il ‘principio dell’Unica Cina’, che vuole Taiwan come provincia cinese. Tuttavia, non c’è colloquio con gli Usa in cui la leadership comunista non ne chieda l’adesione, considerandola la linea rossa invalicabile. Del resto, Xi ha definito "non rinviabile per molto tempo ancora la riunificazione".

Dopo la telefonata Biden-Xi, comunque, il segretario di Stato americano Antony Blinken, non ha tenuto basso il tiro e ha accusato la Cina di "azioni provocatorie e destabilizzanti" contro Taiwan, proprio nell’imminenza dei colloqui di Zurigo tra il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan e il capo della diplomazia del Partito comunista Yang Jiechi. "Pechino – ha proseguito Blinken prima dell’incontro dell’Ocse a Parigi – farebbe meglio a occuparsi delle questioni economiche che la riguardano, prima tra tutte il collasso finanziario del gruppo Evergrande".

La tensione tra Washington e Pechino è dunque alta. Ma la paura più grande resta per Taiwan, che teme una imminente invasione cinese. Il 2025 è vicino.

r.r.