Allarme di Putin: l’ombra dei terroristi tra i profughi

"Come possiamo sapere chi può nascondersi tra questi rifugiati?". Mentre migliaia di afghani vengono evacuati ogni giorno da Kabul, cresce l’allarme internazionale per le possibili infiltrazioni tra i civili in fuga di combattenti legati a gruppi terroristici. La galassia delle sigle diffuse in Afghanistan, collegate ai Talebani o in competizione con loro, include molti dei principali network del terrore: oltre 10mila miliziani che non rientrano nei ranghi dei sedicenti studenti coranici, ma hanno giurato fedeltà ad altre organizzazioni, dagli uiguri dell’East Turkestan Islamic Movement agli affiliati locali dell’Isis. La pattuglia più numerosa riguarda gli 8-10mila combattenti provenienti dalle vicine repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale e dallo Xinjiang cinese. Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan: sono questi i Paesi in cui è più forte il timore di un ritorno a casa di foreign fighter mischiati tra i richiedenti asilo.

Da lì, come ha denunciato il Cremlino, potrebbero infiltrarsi, anche sfruttando la libera circolazione verso la Russia concessa ai residenti. A braccetto con Putin, lancia l’allarme la Cina di Xi Jinping. Il controllo dei ribelli uiguri è la condizione principale posta ai mullah da Pechino per portare a Kabul miliardi di investimenti nella ricostruzione e nelle infrastrutture.

Discorso a parte va fatto per i miliziani di Al Qaeda: presenti in almeno metà delle 34 province afgane, hanno mantenuto una rete capillare anche durante la presenza militare americana e dopo l’uccisione di Osama Bin Laden. Mentre l’Isis è sul territorio dal 2015: sono concorrenti dei talebani, ma non sono escluse azioni per destabilizzare il Paese o rilanciare la strategia del terrore