Giovedì 18 Aprile 2024

Alla Scala vale il talento non la quota rosa

Il messaggio del sovrintendente Meyer: "Voglio l’uguaglianza di genere". Chi ha le capacità avrà una chance, che sia uomo o donna

di Chiara Di Clemente

Come si alza il sipario, si dà per scontato che è mobile, qual piuma al vento muta d’accento e di pensiero perciò la donna è per sua natura – sempre la solita storia degli estrogeni – inaffidabile, dunque reietta. Lo è da sempre dappertutto. In particolare in quel bell’ambientino storicamente parecchio misogino del mondo della musica classica, la donna è reietta da ben prima che Verdi (con Francesco Maria Piave e Victor Hugo) componesse il Rigoletto e lo è persino oggi, tanto che all’ultimo festival di Sanremo non ha mancato di fare gran notizia la disquisizione su come debba essere chiamata una ragazza che – fatto evidentemente ancora ritenuto eccezionale – sale sul podio a dirigere l’orchestra.

È per questo che suonano dirompenti le parole di ieri dal sovrintendente della Scala Dominique Meyer sul “nuovo corso“ che deve intraprendere il Teatro: "Questo momento del Covid – ha spiegato Meyer – serve anche per mettere diverse cose a posto e penso che sia necessario un lavoro sull’equità uomodonna". Non “quote rosa“, ma un nuovo impegno per l’uguaglianza di genere che punti alla parità degli stipendi, senza però fermarsi a questo: Meyer ha annunciato che sarà introdotto ("spero prima dell’estate") un codice di comportamento a tutela della dignità delle lavoratrici, mentre gli altri obiettivi da raggiungere sono la valorizzazione delle componenti femminili dell’organigramma e un maggiore spazio alle artiste. "Dobbiamo far capire alle giovani che se hanno talento, avranno una chance: le donne devono avere la possibilità di esprimere il loro genio", le parole del sovrintendente francese, 65 anni, già direttore dell’Opera di Stato di Vienna.

Meyer sa che il problema è vastissimo: ecco allora la chiamata della coreografa Natalia Horecna e della regista Irina Brook, la figlia del gigante Peter e di Natasha Parry, che ha appena realizzato il Dittico di Kurt Weill (pure se non mancano illustri precedenti scaligeri come la Traviata della Cavani o la Carmen di Emma Dante). Il nodo della “grande discriminazione“ è però quello delle compositrici: in tal senso Meyer ha fatto il nome di Olga Neuwirth, già ospitata da lui a Vienna. Dopodiché, il comitato direttivo della Scala: "Qui noi abbiamo solo due donne: certo non possiamo mandare via gli uomini che ci sono ora – ha sottolineato – ma quando ci sarà un posto libero, la presenza femminile aumenterà nella gerarchia".

Infine, il podio. "Passi avanti sono stati fatti – ha osservato –. Non vedo più resistenza delle orchestre" quando a dirigere è una donna, così alla finlandese Susanna Malkki è affidato il concerto in streaming del 23 aprile, mentre è in arrivo Speranza Scappucci. Resta da decidere come chiamarle: direttore, al modo della molto talentuosa ma non tanto femminista Beatrice Venezi, o direttrice, come hanno rivendicato coloro che combattono il sessismo anche attraverso l’utilizzo delle parole – laddove esistano e pure no – declinate al femminile. Fermo restando che se la donna è mobile, "l’arte non ha sesso e l’autorevolezza nasce solo dallo studio e dalla passione", come ha sempre sostenuto la Scappucci.