Giovedì 18 Aprile 2024

Alla fine anche la Cina pagherà il conto

Cesare

De Carlo

La Cina ci fa sapere che nel terzo trimestre la sua economia è cresciuta del 4,9 per cento. Nel secondo era cresciuta del 3,2. Nel primo era calata del 6,8. Che invidia! È proprio in Cina che è nata la pandemia esportata in tutto il mondo. Con conseguenze ben diverse. In America il pil è calato del 4,3 e in Europa dell’8,3, secondo il FMI. Se va meglio ai cinesi, andrà meglio anche a noi? Non esattamente. Per la Brooking Institution le stime ufficiali vanno molto ridimensionate. E comunque a fine anno la crescita non arriverà al 2 per cento (Moody’s), contro il 6-7 degli ultimi anni. Partiamo dal clima internazionale. Da un sondaggio condotto dal Pew si apprende che l’80 % degli americani e il 70 % degli europei non si fidano più della Cina. Anzi la vedono come la protagonista di una nuova guerra fredda con gli Usa.

Rimangono forti i dubbi sull’origine casuale della pandemia. Ancora più forti sul tempismo dell’allarme. Il virus circolava da mesi quando la Cina ne diede comunicazione all’Oms. Ritardi. Omissioni. Colpe. Ne saremo risarciti? Impossibile. I risarcimenti dovrebbero essere stabiliti dall’Onu, ma la Cina ha diritto di veto in Consiglio di sicurezza. E anzi, dopo avere bloccato ogni inchiesta, si è vista premiata: entrerà nel Consiglio dei diritti umani insieme con altri campioni di democrazia come Cuba e Russia. La farà franca? Nemmeno. Il regime di Xi può essere colpito dalle class action private. E soprattutto non ha più amici. Solo clienti in progressiva diminuzione per una nuova, tardiva consapevolezza: la Cina è una dittatura comunista e la stabilità politica e il costo del lavoro (comunque in crescita) non bastano più a compensare gli svantaggi di un sistema repressivo e opaco. Per cui le multinazionali stanno disinvestendo in Cina e reinvestendo in Vietnam, Indonesia, Messico o addirittura ritornano in patria: da Apple a Samsung, a Hasbro, a Nintendo. Eccezioni per ora: il lusso e le auto. Anche la via della Seta appare interrotta. Se non fosse per il porto di Taranto, presto in mani cinesi, chi se ne ricorderebbe? ([email protected])