Alice in campo a cento giorni dal parto. "Ero incinta e ho firmato il nuovo contratto"

Pignagnoli, portiere del Cesena: "La maternità è un diritto anche per noi sportive. Rattristata dalla vicenda della pallavolista"

Alice Pignagnoli, portiere del Cesena Calcio con la piccola Eva

Alice Pignagnoli, portiere del Cesena Calcio con la piccola Eva

Cesena, 18 marzo 2021 - Un rinnovo di contratto proposto quando aveva ancora il pancione. Alice Pignagnoli, 33enne reggiana, portiere del Cesena Calcio (Serie B femminile), coi guantoni ha vissuto la gravidanza ed è diventata mamma. Ha respinto coi pugni pregiudizi e discriminazioni, tornando in campo a cento giorni esatti dal parto. Insieme alla sua società ha fornito un assist decisivo che fa storia, cancellando la normativa nel mondo del pallone italiano in rosa, che fino a tre mesi fa prevedeva la risoluzione del rapporto di lavoro qualora un’atleta fosse rimasta incinta. Le calciatrici grazie a lei ora non potranno essere più licenziate.

Alice, una ‘parata’ che ha fatto scuola...

"Il mio club è stato precursore. Hanno scommesso su di me quando ero all’ottavo mese e in età avanzata di carriera".

Cosa le hanno detto i dirigenti quando ha comunicato di essere in dolce attesa?

"Ne ho parlato con la team manager Manuela Vincenzi e con suo marito, presidente della squadra, Massimo Magnani. Ero in lacrime. Avevo una sorta di senso di colpa anche verso le mie compagne. Purtroppo c’è una grossa distorsione culturale: l’equazione atleta-mamma significa fine carriera. Invece mi hanno detto: ‘E’ una notizia bellissima. Non c’è nulla da piangere. Tornerai più forte di prima. Ti aspettiamo’".

Una conquista non scontata visto quanto raccontato recentemente da Lara Lugli, pallavolista di Carpi, licenziata dal Volley Pordenone dopo aver comunicato la sua gravidanza.

"Mi ha toccato molto la sua vicenda. La differenza tra la mia società e la sua, l’ha fatta l’umanità. Perciò vogliamo il passaggio al professionismo. Non per guadagnare milioni come gli uomini, ma per essere tutelate come loro. Non siamo bambole riproduttive".

È un iceberg culturale.

"Nel mondo del lavoro in Italia in particolare. Chi torna in azienda dopo il parto viene demansionata, o peggio licenziata. Noi donne, una volta mamme, non siamo da buttare. Anzi, siamo risorse più forti in quante mamme. Ognuna sia libera di viversi maternità e post parto come crede. A una madre deve essere concesso di poter continuare il suo percorso lavorativo con ambizione o di fare la casalinga a patto che non sia una scelta di costrizione. Un figlio è felice se ha serenità attorno, non una mamma arrabbiata che ha rinunciato a tutto per lui. La cultura va cambiata".

Lei è il simbolo di questo cambiamento.

"Non mi sento tale. Ma se la mia storia può diventare un esempio per vincere questa battaglia ne sono felice. Mettiamoci in testa che dobbiamo vincerla da sole, perché se aspettiamo che gli uomini ci cedano il passo per bontà diventiamo vecchie...".

Quando sarà vinta questa battaglia?

"Sperò quando la mia piccola Eva sarà grande... Ma temo saranno tempi lunghi e la storia di Lara lo testimonia. Certo, se diventasse una priorità del Governo, si accelererebbe. Il calcio è il massimo del luogo comune e in Italia è più di un gioco, potrebbe essere un esempio potente facendo diventare le donne professioniste".

Al Festival di Sanremo hanno fatto clamore anche le parole di Beatrice Venezi che ha chiesto di essere chiamata "direttore d’orchestra" e non direttora...

"In quanti mi hanno chiamato ‘portiera’... Mi arrabbio da morire. La portiera è un pezzo d’auto. Il maschilismo è anche nella lingua. Mio marito Luca (calciatore dilettantistico, ndr) dice che ogni tanto esagero col femminismo. E rispondo sempre che se fossimo tutti femministi allora forse tra cinquant’anni recupereremmo il gap...".