Cesare Battisti, Torregiani vede Salvini: "Finalmente giustizia"

Il figlio del gioielliere ucciso nel '79: "Possiamo gioire ma non essere euforici"

Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini (Ansa)

Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini (Ansa)

Milano, 14 gennaio 2019 - "È fatta, è fatta, credo che questa sia davvero la volta buona". La reazione a caldo di Alberto Torregiani sa di liberazione dopo tanti, troppi anni passati ad aspettare che Cesare Battisti fosse estradato in Italia per scontare la sua pena. Certo, dopo molte delusioni, resta ancora quel pizzico di cautela che gli fa comunque aggiungere: «Finché non lo vedremo atterrare all’aeroporto, non saremo sicuri che andrà in carcere, anche se credo che stavolta sia davvero finita: non oso pensare che possa trovare un escamotage, altrimenti ci sarebbe da scrivere un libro».

Quella mattina del 16 febbraio 1979, il padre Pierluigi fu aggredito da un commando dei Proletari armati per il comunismo composto da Giuseppe Memeo, Gabriele Grimaldi e Sebastiano Masala: un proiettile centrò alla testa il gioielliere uccidendolo, e durante la sparatoria un colpo ferì pure Alberto, costringendolo a vivere per tutto il resto della sua vita su una sedia a rotelle.

Nel giorno della cattura in Bolivia di Battisti, che per l’agguato mortale di 40 anni fa è stato condannato per concorso morale come co-ideatore e co-organizzatore, Alberto Torregiani non può nascondere la commozione per un risultato atteso così a lungo e che forse in altri tempi gli era sembrato quasi irraggiungibile.

«Più tardi proverò sollievo e felicità, ora mi sento esausto e sono letteralmente svuotato: la ferita non è ancora chiusa, sarà chiusa quando sarà determinata la carcerazione di Battisti». Le stesse parole ripetute nel pomeriggio al vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini durante un incontro a Milano alla Scuola di formazione politica della Lega.

«Gli ho chiesto di mantenere la fermezza e ho ringraziato il Governo per questo risultato: possiamo gioire ma non essere euforici». Non ancora, almeno. Certo, «l’arresto di Battisti credo sia proprio un bellissimo segnale per tutte quelle persone che magari da tanti anni chiedono giustizia e non possono contare sull’attenzione dei media, come invece è capitato a me». Ecco perché, rivela, «voglio andare in tutta Italia e portare la mia esperienza a quante più persone possibile».

L'idea potrebbe anche tradursi in un tour per le piazze del Paese per una serie di incontri: «Perché no?», risponde lui con un sorriso. Oggi Alberto si occupa di FaPi, Fare Ambiente Piano Invalidi, una realtà che si impegna per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Un progetto che in tutto questo tempo è andato sempre di pari passo con la tenace battaglia combattuta in silenzio e senza mai lasciarsi andare a dichiarazioni rabbiose nei confronti dell’ex membro dei Pac.

«Sono veramente fiero della determinazione con la quale abbiamo continuato a chiedere giustizia, senza urlare per ottenere ciò che ci era dovuto». Torregiani, che non parla di «perdono» né di «odio o vendetta» per Battisti ma soltanto di «giustizia», dice «di non avere nulla da dirgli». Adesso attende soltanto che questa storia si chiuda una volta per tutte: «Quando finalmente varcherà le porte del carcere».