Aiuti e paletti, Biden dà le carte L’Ue si adegua e invita Zelensky Ma il fronte europeo è spaccato

Incassato il sostegno americano, il presidente ucraino potrebbe volare a Bruxelles il 3 febbraio. Un incontro all’insegna della prudenza: non tutti i Paesi membri hanno la stessa linea sul conflitto

di Cesare De Carlo

WASHINGTON

Non c’è solo la sponda americana. C’è anche quella europea. E se a Washington Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha ottenuto la promessa di altri miliardi di dollari e di altre armi, a Bruxelles cercherà di riconsolidare un consenso vacillante. Il motivo: l’Europa o almeno una buona parte dell’Europa è stanca della guerra più devastante, destabilizzante, nociva da 77 anni, cioè dalla fine della Seconda guerra mondiale. Così non è un caso se non appena rientrato da Washington nella martoriata Kiev Zelensky si stia preparando a un’altra trasferta: a Bruxelles per un summit con l’Europa.

L’INVITO DELLA UE

L’invito ovviamente viene dalla Ue. È in calendario per il 3 febbraio e non è propriamente un summit perchè non raccoglierà tutti i capi di Stato e di governo dei 27 membri. Il formato – precisa Bruxelles – sarà ridotto a quello della Commissione– Consiglio. Prudenza e diplomazia opportune. Non tutti i Paesi dell’Unione Europea la pensano allo stesso modo. Alcuni sono contrari a continuare un appoggio incondizionato, così come è emerso a Washington. E premono per un atteggiamento meno irriducibile da parte del presidente ucraino. Il fatto è che solidarietà, simpatia, ammirazione per l’aggredito non bastano più a coprire le ricadute negative. Dopo 300 giorni di combattimenti non si profila alcun compromesso, alcun cessate il fuoco, che serva a scongiurare un genocidio per fame e per freddo, a prevenire un allargamento del conflitto se non addirittura una escalation nucleare, altri guai all’Europa che la guerra l’ha in casa.

UNA PACE "GIUSTA"

Questi problemi l’amministrazione del presidente democratico Joe Biden non li ha. E pur augurandosi una tregua, sembra condividere il coraggioso radicalismo dell’aggredito. Pace sì ma solo quando i successi militari sul campo le consentiranno di essere "giusta". Starà a Zelensky, ormai assurto a icona pubblica, decidere il momento di aprire trattative. Come dovrebbe essere una pace giusta? Un ritiro dei russi sulle frontiere del 24 febbraio? È un’illusione più che una speranza. Putin non ammetterà mai la sconfitta. A Washington il presidente ucraino ha strappato a Biden la promessa dei Patriot e di altri 20 miliardi di forniture militari, armi difensive precisa la Casa Bianca. Più altri 25 miliardi di aiuti economici e umanitari, che porterebbero il totale a 100 miliardi.

Il condizionale è d’obbligo. Le promesse del presidente dovranno essere ratificate dal Congresso che dal 3 gennaio prossimo sarà controllato dai democratici solo a metà. E se in Senato si profila una maggioranza bipartisan in favore di questi stanziamenti, alla Camera prevale lo scetticismo.

DISSANGUARE LA RUSSIA

Alla base non ci sono solo considerazioni di bilancio in un momento in cui l’inflazione minaccia i conti pubblici. C’è la strategia. La leadership repubblicana non approva la dottrina Biden, esposta a suo tempo dal segretario alla Difesa Lloyd Austin: dissanguare la Russia, impedirle di fare altrove quel che sta facendo in Ucraina, favorire un rovesciamento al Cremlino. Ma non è detto che al posto del cattivo Putin, ne vada uno meno cattivo. Anzi. Il discredito che lo investe per una campagna militare disastrosa, potrebbe favorire un falco rispetto al quale l’ormai patetico presidente russo apparirebbe una colomba.

LA SELEZIONE DI BIDEN

Tornando alla prossima visita di Zelensky a Bruxelles, una cosa appare evidente: i 27 membri della Ue non sono affatto unanimi. Alcuni la pensano come Kevin McCarthy, il futuro speaker repubblicano della Camera americana: d’accordo nel garantire l’appoggio all’Ucraina ma niente assegni in bianco. E inoltre attendono di sapere quante di quelle armi e di quei miliardi americani saranno davvero forniti a Zelensky. Già Biden ieri, abbracci a parte, ha fatto una prima, severa selezione: nessun missile offensivo, nessuna artiglieria a lunga gittata.

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