Aiuti anti-Covid, solo spiccioli alle partite Iva

Autonomi ancora penalizzati rispetto ai dipendenti. Nel resto d’Europa i rimborsi sono almeno doppi

Covid, le proteste delle partite iva (Ansa)

Covid, le proteste delle partite iva (Ansa)

A pioggia, ma non uguali per tutti. C’è poco da fare: il governo è stato più generoso con i dipendenti pubblici e meno con le partite Iva, i commercianti e i professionisti. Il gap è stato addirittura più vistoso nei primi due mesi del lockdown, quando i lavoratori autonomi hanno dovuto sbarcare il lunario potendo contare su un bonus di 600 euro. Mentre sull’altro fronte, i dipendenti pubblici, in smartworking, hanno portato a casa l’intera retribuzione. Due pesi e due misure.

Con l’ultimo Dpcm, gli aiuti alle categorie sono diventati più selettivi e diretti solo per le categorie direttamente colpite dalla chiusure, dai ristoratori ai lavoratori dello spettacolo, da quelli del turismo agli stagionali. Tutti potranno contare su un sussidio di mille euro. Mentre per le imprese danneggiate dalla nuova stretta anti-Covid, gli aiuti saranno proporzionali al calo dei ricavi, con un contributo di minimo di mille euro per le persone fisiche e 2mila per le aziende, con un tetto massimo di 150mila euro. Ma anche così, si tratta di misure meno generose rispetto a quelle dei nostri diretti competitor a livello europeo. Come a dire: Paese che vai, ristoro che trovi. Lo Stato più generoso nei confronti degli autonomi è sicuramente la Germania. Un ristorante o un negozio, con 100mila euro di fatturato, che ha dovuto abbassare le saracinesche a causa dell’epidemia, ha intascato in Italia poco più di 3.300 euro. In Germania, invece, ha avuto un contributo a fondo perduto quasi doppio (6.300 euro). Un po’ meno generosa la Francia dove, comunque, ristoratori e commercianti hanno potuto contare su un sussidio di 5mila euro.

Cambiano anche le modalità per l’erogazione dei contributi. Nella prima fase la Merkel ha scelto la strada dei contributi ’una tantum’: fino a 9mila euro per tre mesi alle attività con un massimo di 5 dipendenti, 15mila euro per quelle fino a 10 impiegati e fino a 150mila euro per quelle più grandi. A settembre e ottobre il meccanismo è stato reso addirittura più generoso, coprendo fino ad un massimo del 90% dei costi fissi.

In Francia, le imprese commerciali o artigiane che hanno subito un calo di fatturato fra il 50 e il 70% potranno beneficiare un aiuto proporzionato alla flessione degli introiti fino a 10mila euro al mese. In Italia, invece, il meccanismo è molto più complesso. Un ristorante con 200mila euro di fatturato ha diritto al 200% dell’aiuto ricevuto a giugno. Che, a sua volta, deve corrispondere al 20% della perdita subita da aprile del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tradotto in soldoni, circa 6700 euro. Una cifra inferiore a quella che viene garantita dalla Merkel o da Macron che, del resto, non devono fare i conti con un debito pubblico che in Italia sfiora ormai il 170% del Pil.

 

 

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