Mercoledì 24 Aprile 2024

Agguato a Foggia, paradiso dei turisti in mano ai clan. "Ma nessuno ne vuole parlare"

Il questore-scrittore Piernicola Silvis: "Un delitto di mafia a settimana"

Piernicola Silvis

Piernicola Silvis

Roma, 10 agosto 2017 - C’è una «quarta mafia». Ancora più feroce di Cosa Nostra e che spara molto di più di ’ndrangheta e camorra. È in Puglia ma non è la Sacra Corona Unita. Piernicola Silvis fino a una settimana fa era il Questore di Foggia. Uno sguardo privilegiato e preoccupato sulla criminalità in un’area, quella a nord della Puglia, assai estesa e ricca. Ora in pensione continua a occuparsi della sua terra d’origine, scrivendo anche thriller come il suo ultimo «Formicae», uscito per Sem edizioni.

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Possibile che ci si accorga solo ora che esista un’altra mafia?

«Possibile per chi non vive nel Foggiano – dice Silvis –. Noi la combattiamo da anni e io mi sono anche impegnato per far conoscere questa situazione fuori dai confini della Puglia».

Eppure quando si pensa alla Puglia e alla criminalità, si pensa all’appendice dello Stivale e alla Sacra Corona Unita.

«Niente di più sbagliato, perché la Sacra Corona Unita è stata messa quasi all’angolo. E invece nel Foggiano si continua a sparare, morire e ad avere paura».

Complessa la geografia mafiosa in questa provincia. Così come almeno lasciare intendere la relazione della Dia.

«Sì ci sono almeno tre organizzazioni criminali. La mafia del Gargano che è poi quella dell’agguato di oggi (ieri, ndr) che si occupa di estorsioni e spaccio e che agisce su un territorio molto ricco, visto che il Gargano è una meta turistica molto apprezzata. Poi c’è quella di Cerignola che si occupa principalmente di rapine a portavalori e spaccio. E la cosiddetta Società Foggiana più assimilabile alle altre mafie come struttura, che spara e uccide».

E che anni fa sembrava fosse un’emanazione della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo.

«Sì perché comunque quella è terra di confine con la Campania ma poi si è mossa autonomamente».

Che cosa contraddistingue la mafia foggiana?

«Che non ha bisogno di uscire dai propri confini perché opera su un territorio che è molto ricco. Che non teme delazioni e infatti non ci sono pentiti perché sa essere molto feroce e sanguinaria. L’agguato di San Marco ne è una dimostrazione».

Un ambiente omertoso come quello della Sicilia di 40 anni fa?

«Omertoso e impaurito. Ma gli uomini dello Stato non si risparmiano nella lotta. Anche per dimostrare che lo Stato c’è. Solo che se fai duecento chilometri nessuno sa quello che succede in questa zona».

E questo perché?

«Forse perché non è così glamour come le altre mafie. Non ci sono coppole, non ci sono riti d’iniziazione con santini. Non c’è Gomorra».

Ma scorre comunque tanto sangue.

«Gli omicidi degli ultimi mesi lo dimostrano. Nelle ultime tre settimane c’è stato un morto di mafia ogni sette giorni. E in alcuni casi come nell’agguato di San Marco le vittime sono degli innocenti. Sono società criminali chiuse. Difficili da penetrare proprio perché al momento non ci sono stati pentiti».

E la politica è stata avvicinata dai boss?

«Per ora non sembra aver bisogno di colletti bianchi e questa è un’altra differenza rispetto alle altre mafie. Basta a se stessa e le interessa controllare il territorio col pizzo e farci affari sopra».

C’è rassegnazione o qualcosa si muove nella società foggiana? Ci sono associazioni antimafia?

«Non molte a dire la verità. Ma l’associazione antiracket a Vieste è molto attiva e sta cercando di contrastare il pizzo chiesto nei negozi per non farlo diventare un’abitudine. E poi anche Libera si sta molto da fare. Ma è evidente che anche a livello nazionale bisogna aprire gli occhi su quello che sta succedendo in questa zona».