Giovedì 18 Aprile 2024

Agguato mortale a colpi di fucile La faida infinita tra i pastori sardi

Nuoro, riprende la serie di vendette che dagli anni Novanta sconvolge la vita di un piccolo paese

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di Gianni Leoni

Quando finirà? "Mai", lascia intendere il silenzio compatto degli abitanti di Noragùgume, paesello di 300 anime disteso sulla piana di Ottana, tra l’austera catena del Marghine e il placido lago Omodeo. Non c’è vita lungo gli stradelli decorati dai toni carichi dei murales, ma l’eco dello sparo che l’altro pomeriggio ha ucciso l’allevatore Gigi Cherchi, 67 anni, ha improvvisamente riportato all’attualità gli oscuri contorni di una vecchia faida che dagli anni Novanta ha messo in fila una decina di funerali, una catenella di ergastoli e un discreto numero di assoluzioni, tra una manciata di famiglie unite dallo sbrigativo principio della legge del taglione: i Cherchi, gli Spada e i Nieddu da una parte e i Corda, gli Argiolas, i Pinna, i Marongiu e i Falchi, dall’altra. In pratica mezzo paese dai pericolosi incroci, di volta in volta, nelle feste, nelle botteghe e alla processione della Beata Vergine D’Itria. Il retroscena dell’agguato a Gigi Cherchi resta aperto a "tutte le ipotesi", come dice il magistrato di Oristano, anche perché non è neppure certo che il fucile recuperato accanto al cadavere sia proprio quello che ha sparato. "Questo è un paese di gente laboriosa e onesta e non è giusto identificarlo con la faida", reagisce il sindaco Rita Zaru. Ma in attesa di sviluppi investigativi è difficile non collegare l’ultimo agguato ai torbidi rancori innescati da rivalità negli ambienti pastorali e in quelli delle corse ippiche.

Il primo a cadere centrato da una rosa di pallettoni, il 12 giugno ’98, fu Giuseppe Cherchi, 58 anni, barista e membro di una famiglia che allevava cavalli di razza anglo arabo sarda. Due mesi più tardi toccò al fratello Salvatore. Rientrava dalla campagna, ma non vide l’ombra di una canna puntata alla sua testa: una scarica e un altro colpo per chiudere il conto.

Quando morì Francesco Corda, il 26 agosto, l’inchiesta mise a fuoco la figura di Giulio Cherchi, ma l’immagine risultò sfuocata perché l’uomo sparì dalla circolazione. Il suo nome, allora, prese posto nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi e lì rimase, fino al 2009, quando venne preso, ormai minato da una malattia senza speranza. Anche Tommaso Maria Corda, papà di Francesco, incappò nel micidiale ‘calibro 12’ presente in buona parte degli agguati di una sponda. Poi, una lunga pausa scandita da piccole vendette che calavano ogni volta sul paesino un tetro manto di terrore: cani ammazzati, ovili in fiamme, pecore sgozzate, minacce e cupi silenzi dai tragici presagi.

E infatti, il 7 agosto ’99, fu la volta di Aldo Spada. Sentì un passo in cauto avvicinamento e cadde fulminato da una scarica, come Antonello Ladu, probabile testimone involontario di chissà quale malaffare. Tonino Pinna vide il cecchino in un fulmineo faccia a faccia e sentì il rombo dei colpi: otto andarono a vuoto, l’ultimo gli centrò il cuore. Stessa sorte per Antonello Nieddu, caduto accanto al fratello Giuseppe, ferito. Robertino Pinna se ne andò per sempre il 19 marzo 2000: tre colpi, tutti a segno. A quel punto, un conto di croci praticamente alla pari. Ma adesso, la fine di Gigi Cherchi ancora "tutta da decifrare", ripristina il sospetto di una tregua ormai dissotterrata e cala su questo borghetto dal nome da sciroppo bronchiale, una pesante cappa di paura perché un sorriso, una parola o un silenzio possono prendere il contorno di un bersaglio da centrare.