Giovedì 18 Aprile 2024

Aggredito da baby gang a Napoli, la madre: "E' ora di punire anche gli under 14"

Lo sfogo della mamma di Arturo: "Mio figlio accoltellato". Svolta nelle indagini: Fermato un 15enne Baby criminali, la pm Simonetta Matone: "Serve il carcere per i delitti gravi" Baby criminali, violenza in aumento. Reati a raffica nel 2017

Al centro Maria Luisa Iavarone

Al centro Maria Luisa Iavarone

Napoli, 24 dicembre 2017 - «Il sangue di Arturo può essere l’inizio di una nuova storia per Napoli, voglio che lui diventi il figlio di tutti i napoletani». Maria Luisa Iavarone non si muove dalla rianimazione del San Giovanni Bosco di Napoli dove è ricoverato il figlio Arturo, 17 anni, aggredito alcuni giorni fa da una baby gang e colpito con venti coltellate, in via Foria a pochi metri dal Museo Nazionale e dalle strade dello shopping. Maria Luisa è docente di Pedagogia sociale all’Università Parthenope, e ha, quindi, gli strumenti per spiegare come presidiare un sentimento di civiltà e di umanità che a Napoli sembra sbriciolarsi come una pallina di Natale.

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Come sta Arturo?

«Ha avuto una giornata molto complicata con problemi alla pleura, ci sarà un nuovo consulto pneumologico. Inoltre ha una corda vocale lacerata da un fendente alla gola, parla con un tono di voce bassissimo».

Sviluppi nelle indagini non ce ne sono ancora.

«Venerdì Arturo è stato nuovamente ascoltato dalla polizia. Sono fiduciosa e penso che molto presto, forse tra poche ore, avremo degli esiti». Aggiornamento: fermato un 15enne 

La soddisfa la risposta di Napoli dopo le coltellate a suo figlio?

«È stata importante, con migliaia di persone per strada ad abbracciare idealmente mio figlio. C’è stata una città che non solo ha manifestato solidarietà, ma ha voluto fare di lui un simbolo pregnante di legalità e di riscatto».

Non è un fardello eccessivo trasformare un ragazzino di 17 anni in un simbolo?

«Penso anzi che questo possa essere l’espediente per portalo fuori dal suo dramma, da una condizione che potrebbe essere per lui annichilente. Non pretendo che diventi un eroe, ma questo può diventare per lui una via d’uscita».

Pensa di andare via da Napoli?

«Scappare non è mai la soluzione giusta».

Lei ha detto, nell’immediatezza del fatto: questi che hanno ferito Arturo sono belve che volevano uccidere per fare il salto, dimostrare alla malavita che sono pronti a diventare affiliati. Ora, con una certa freddezza, ripeterebbe queste parole?

«Penso che su di loro andrebbe fatta una riflessione approfondita».

Se la sente di farla?

«Questi ragazzi rappresentano qualcosa di completamente nuovo rispetto a quello che viene riportato dalla vulgata mediatica, ovvero sbandatelli, drop-out, baby gang».

E invece?

«Invece sono minori che, ragionevolmente, vanno a scuola e vivono in famiglie pseudo normali con genitori che hanno provato anche a difenderli e a dare di loro una immagine di normalità. Se ciò è vero non si può liquidare tutto dicendo che ci troviamo di fronte a un branco. È invece una situazione che richiede un impegno educativo nuovo delle famiglie e delle istituzioni e anche una soluzione repressiva diversa, magari abbassando la soglia di imputabilità».

Figli di genitori che hanno provato a difenderli: vuol dire che qualcuno di loro l’ha contattata, s’è fatto avanti?

«Ho ricevuto informazioni sotto traccia, sia formali che informali... Ma il tam tam delle manifestazioni per Arturo ha tolto sicurezza a persone che stanno incominciando a presentarsi, a parlare, a rompere il vincolo omertoso».

Per il sindaco de Magistris c’è una rappresentazione sbagliata della città, a partire dalla serie Gomorra. È d’accordo?

«Gomorra può aprire un varco emulativo, ma solo in alcune frange della popolazione».

Dopo il clamore cosa si aspetta?

«Che i responsabili di questo crimine siano assicurati a un sistema correttivo e punitivo e che la coscienza collettiva non abbassi la guardia, mai. Per tornare a vivere la vita nella normalità».