Qatargate, affari nell'ombra. Panzeri e quegli incontri segreti coi deputati

Per entrare negli uffici utilizzava il tesserino concesso a vita a chi è stato parlamentare. Così non veniva registrato. Il sospetto: accordi sottobanco in cambio di soldi

A volte i dettagli servono a capire. E dalle pieghe dell’inchiesta sul Qatargate è emerso che Antonio Panzeri, il “direttore d’orchestra“ della presunta associazione per delinquere pro domo qatariota e marocchina, per entrare negli uffici del Parlamento Europeo utilizzava non l’accredito della sua Ong, ma il tesserino d’accesso rilasciato – a vita – agli ex parlamentari. In questo modo l’ingresso non era registrato e lui poteva dedicarsi a contattare tutti i parlamentari e i funzionari che voleva, senza lasciare tracce. E, secondo l’accusa, una volta raggiunto l’accordo, procedeva poi a recapitare il dono (scatole da scarpe o valigette piene di contanti, pare) incontrando il deputato compiacente in qualche ristorante o caffè fuori dalla “zona europea“ della capitale belga. Era il “metodo Panzeri“: navigare sottotraccia, trovare l’eurodeputato “sensibile“ e poi fare la proposta indecente.

Antonio Panzeri ex Pd e Articolo 1
Antonio Panzeri ex Pd e Articolo 1

Al metodo avrebbero contribuito anche i suoi sodali come l’assistente parlamentare Giorgi, e forse anche qualche collega – sinora perquisito ma non indagato – come Marc Tarabella. Niels Fuglsang, membro del Parlamento Europeo del gruppo dei Socialisti e Democratici, ha detto al giornale danese Ekstra Bladet di aver subito pressioni da parte dell’eurodeputato Tarabella per essere meno critico nei confronti del Qatar: "Insisteva con ogni sorta di argomentazioni ridicole sul fatto che non dovremmo essere così negativi. Gli ho detto che noi socialisti dobbiamo preoccuparci dei diritti dei lavoratori e dei migranti e l’ho mandato a quel paese". Certo, il Qatar era molto attivo nell’Europarlamento, anche al di là di Panzeri. "Ho ricevuto un invito nella cassetta della posta del Parlamento che veniva dall’ambasciata del Qatar – ha rivelato Leïla Chaibi, parlamentare europea francese de la France Insoumise, la sinistra di Mélenchon – per recarmi in uno degli hotel più lussuosi di Bruxelles. Due settimane prima, ero stata invitata a recarmi in Qatar per visitare gli stadi, incontrare i sindacati e vedere come il Qatar avesse adottato una serie di misure per rafforzare la protezione sociale e le condizioni di lavoro. In entrambi i casi ho rifiutato". Altri, no.

Sinora si è scritto e detto che l’obiettivo del “sistema Panzeri“ era trasformare in elogi le critiche al Qatar per il trattamento dei lavoratori impegnati nella costruzione degli stadi e delle altre opere per i mondiali. Giusto. Ma adesso emerge che c’erano altri due dossier ai quali ha lavorato, uno a favore del Qatar e uno del Marocco. Il primo dossier riguarda l’accordo Ue-Qatar firmato lo scorso anno che liberalizza i cieli tra i due firmatari, dando pieno accesso a Qatar Airways agli aeroporti europei, e viceversa per le compagnie europee. L’accordo è nettamente sbilanciato (447 milioni di europei contro 2,9 di qatarioti) e fu criticato dalle compagnie aeree europee e dai sindacati e ora va ratificato: per Doha avere il sì è essenziale, è un grande business. E quindi via libera a Panzeri. Relativamente al Marocco, il dossier affidato a Panzeri riguarderebbe invece l’ex Sahara spagnolo, dal 1976 occupato dal Marocco: Rabat vuole bloccare eventuali risoluzioni pro Polisario, il fronte di liberazione. E la convinzione degli inquirenti è che per quei Paesi avere un amico con le entrature giuste, e pronto a fare il lavoro sporco, giustificava la spesa.