Mercoledì 24 Aprile 2024

Adesso la variante Delta fa paura A Londra è allarme per i ricoveri

Il premier Johnson rinvia la riapertura al 19 luglio: servono restrizioni. "I contagi crescono del 64% a settimana"

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di Alessandro Farruggia

Londra ha paura della variante Delta, l’ex variante indiana che è al 60% più contagiosa. Per questo la Gran Bretagna decide di rinviare il Freedom Day – la grande riapertura del Paese – "fino a quattro settimane", dal 21 giugno al 19 luglio. Un check up è stato fissato tra due settimane. Ad annunciarlo è stato il premier Boris Johnson. "Siamo molto preoccupati per questa variante che si sta diffondendo più velocemente del previsto rispetto alla roadmap di febbraio – ha ammesso il premier –. I casi crescono in Inghilterra di circa il 64% a settimana e aumentano i ricoveri, inclusi quelli in terapia intensiva. Serve più tempo per dare al servizio sanitario nazionale qualche settimana in più per somministrare i vaccini a chi ne ha bisogno. Entro il 19 luglio saranno completamente vaccinati due terzi della popolazione adulta britannica. Sulla base di quanto vediamo ora, ho fiducia che il 19 luglio sarà la data definitiva per il sollevamento delle ultime restrizioni".

Secondo alcune simulazioni del Scientific Pandemic Influenza Group on Modelling (SPI-M) committee fornite a Downing Street, il numero di vittime potrebbe raggiungere tra fine giugno e inizio luglio il picco della prima ondata, attorno a quota 1.400-1.500 morti al giorno, con 50-60mila positivi al giorno. Sui social media giravano anche stime che parlavano di cifre stratosferiche, attorno a 4mila morti al giorno. Ma di questo non c’è alcuna conferma.

"Da quattro settimane la Gran Bretagna è nuovamente in una fase di crescita esponenziale dei contagi, con un tempo di raddoppio di circa sette giorni – conferma lo statistico Giovanni Sebastiani, ricercatore del Cnr –. Il problema è che noi non stiamo sequenziando il virus. Dovremo sequenziare di più e testare di più per individuare qualunque tipo di eventuale variante ‘cattiva’ che possa svilupparsi, invece non lo stiamo facendo". "La variante indiana è un grosso enigma, va studiata molto bene e occorre sequenziare molto", conferma Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema. In questo senso, fare più sequenziamenti, si era espressa nei giorni scorsi anche l’Oms.

Nell’attesa di procedere in questa direzione, quantomeno iniziamo a porci il problema se ripristinare le barriere con Londra. "In questo momento – ha detto ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza – per chi arriva in Italia dalla Gran Bretagna c’è il tampone. Quel Paese ha ancora numeri incoraggianti, ma se nei prossimi giorni la curva dei contagi dovesse peggiorare valuteremo anche la quarantena. È giusto essere preoccupati, valuteremo con gli altri ministri della Salute europei. Più in generale sulla variante indiana gli studi sono in corso. Ma le ricerche ci dicono che con le due dosi di vaccino la variante indiana è contenibile con una percentuale molto alta".

Uno studio scozzese (Eave II, università di Edinburgo), pubblicato sulla prestigiosa rivista medica Lancet, mostra che il vaccino Pfizer-BioNTech fornisce contro la variante indiana una protezione del 79%, rispetto al 92% di protezione con la variante inglese. Per il vaccino Oxford-AstraZeneca, invece, è stata rilevata una protezione del 60% contro le infezioni dovute alla variante indiana, rispetto al 73% della variante inglese. I vaccini, è stato rilevato, riducono il rischio di ospedalizzazione, ma occorrono 28 giorni dopo la somministrazione della prima dose per riscontrare forti effetti di protezione contro la variante indiana. "Con due dosi si inducono anticorpi che neutralizzano tutte le varianti – osserva il virologo Roberto Burioni – mentre con una sola no". Ma di certezze sulle varianti non ce ne sono. Un secondo studio pubblicato su Lancet dal Francis Creek Institute e dall’University college di Londra su 250 persone vaccinate mostra che gli anticorpi di chi ha avuto due dosi di Pfizer tendono a essere molto meno efficaci (sono presenti fino a 5,8 volte meno anticorpi, dipende molto dall’età del vaccinato) contro la variante indiana rispetto a quanto lo siano contro la variante originaria anche se "è difficile valutare con precisione fino a che punto la riduzione degli anticorpi potrà avere un impatto sull’efficacia del vaccino".