Giovedì 25 Aprile 2024

Addio Terza via Ma non si vede la nuova strada

Davide

Nitrosi

La crisi del Pd va letta nella generale crisi dei partiti della sinistra riformista. Una crisi che nasce dal fallimento della Terza via di Anthony Giddens, che negli anni Novanta aveva riformato le socialdemocrazie. Era l’ideologia alla base della svolta di Tony Blair, che ispirò buona parte dei partiti socialdemocratici europei, Italia compresa. Giddens pochi anni dopo ammise che la Terza via, di fronte alle crisi, non era riuscita a dare risposte alle classi sociali tagliate fuori dallo sviluppo. L’impatto della tecnologia e della globalizzazione in una fase di contrazione della crescita aveva cambiato i fattori in campo. Tant’è che le fasce più disagiate in tutta Europa hanno poi cercato una sponda politica nei populismi o nell’estrema destra che ha offerto scorciatoie alle soluzioni dei problemi.

Il Pd vive l’esito di quel fallimento, dopo aver provato la via riformista in modi diversi (vedi la parabola Renzi). Una difficoltà aggravata dal mancato amalgama delle due anime fondatrici, quella cattolica e quella ex comunista. Ora il Pd è alla ricerca di un’identità in grado di rispondere alle sfide della contemporaneità, garantendo chi è escluso ma anche chi esprime le nuove professioni. Non c’è Giddens a fornire una bussola, ci sono però alcune indicazioni nemmeno troppo teoriche. Un esempio è la scuola, l’unico strumento che garantisce l’ascensore sociale, educa alla democrazia contro tentazioni populiste o autoritarie, e fornisce gli strumenti per affrontare l’evoluzione tecnologica, professionale e umana del mondo. Forse basterebbe mettere la scuola in cima all’agenda per dire qualcosa di riformista. Invece Il Pd ha due tentazioni: rispolverare una vetero sinistra che non ha ancora formulato una mappa della nuova realtà, o salvare il salvabile affidandosi alla pratica amministrativa. In entrambi i casi non avrà risolto la questione identitaria e non avrà risposto alle sfide della contemporaneità.