Addio Quota 100 Il fronte pensioni agita il governo

Scontro sulle misure, c’è lo spettro scalone . L’ipotesi: anticipare le uscite a 63 o 64 anni

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di Claudia Marin

È bastata una riga del Recovery Plan per far riaprire l’intero dossier pensioni. Ma, di fatto, è stato solo l’avviso per la riapertura di un cantiere inevitabile: a fine anno Quota 100 si esaurirà e anche senza Recovery sarebbe stato essenziale individuare nuove soluzioni per evitare lo scalone di 5 anni (da 62 a 67 anni della legge Fornero) che dal primo gennaio prossimo scatterebbe per riuscire ad agganciare la pensione. E, dunque, torna di nuovo in gioco tutta la raffica di ipotesi destinate a consentire una via d’uscita dalla strettoia di fine 2021: dal rafforzamento e ampliamento dell’Ape sociale, del canale per i precoci e dell’opzione donna alla introduzione di Quota 102 (con 64 anni di età e 38 di contributi) o della possibilità di lasciare il lavoro a 63 anni ma con penalizzazioni progressive rispetto all’età pensionabile. Senza contare, però, il capitolo a se stante relativo agli accordi aziendali per favorire il ricambio generazionale.

Certo è che il ministro Andrea Orlando dovrà mettere mano celermente anche a questo tavolo con le parti sociali se si vorrà riuscire a inserire il pacchetto di modifiche nella legge di Bilancio in autunno. Il punto di partenza indicato nel Recovery è definito: "In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti". Ma anche nel Def del ministro Daniele Franco non mancano le tracce da seguire.

Il governo, almeno nella sua versione più tecnica, vorrebbe archiviare Quota 100 e irrobustire soluzioni collaudate ma non generalizzate: dall’opzione donna (uscita con 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età, 59 se autonome) all’Ape sociale (prevista da 63 anni per le categorie che svolgono mansioni faticose), fino ai lavori usuranti veri e propri e ai lavoratori cosiddetti fragili. La via della flessibilità soft non piace per niente ai sindacati e non va giù alla Lega: da qui la proposta di soluzioni come Quota 102 o come Quota 41, per indicare, come ha fatto il sottosegretario leghista all’Economia, Claudio Durigon, gli anni di attività che devono bastare per lasciare il lavoro.

A tenere insieme il puzzle, però, potrebbe essere il potenziamento del "contratto di espansione": un accordo aziendale per mandare in pensione fino a 5 anni prima i lavoratori anziani e assumere giovani. Basterebbe abbassare la soglia per utilizzarlo anche alle imprese sotto i 250 dipendenti. Una via che favorirebbe anche la gestione delle ristrutturazioni post pandemia, una volta finito il blocco dei licenziamenti. Il costo per le imprese dell’anticipo della pensione per i dipendenti in uscita sarebbe compensato dall’indennità di disoccupazione erogata dallo Stato.