Giovedì 25 Aprile 2024

Addio divieti, è la Pasqua di libertà Nei riti sacri l’uomo scopre se stesso

Dopo due anni di Covid via libera a processioni e liturgie. Anche così gli italiani ricostruiscono il senso della comunità

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di Davide

Rondoni

Tornano i riti pasquali. L’Italia dopo due anni di divieti che hanno nascosto anche molti gesti religiosi torna a punteggiarsi di manifestazioni rituali. Vie crucis, processioni, liturgie dove morte e vita si fronteggiano e dove l’ultima parola è del Risorto. Non è stata una perdita da poco. Si sono fatti molti calcoli – azzeccati o meno – sulle perdite economiche causati dalle chiusure pandemiche. In pochi si sono soffermati sulle perdite spirituali. Qualcuno, di recente e tardivamente a quanto su queste colonne dicemmo subito, si è accorto del grado di disagio cresciuto tra giovani e adolescenti. Ma quanto si è perduto nel non potersi ritrovare insieme nei riti centrali della fede? Un popolo senza riti, puó anche esser libero di girare, di comprare, ma se non ha i segni importanti della sua fede e della sua cultura da poter celebrare insieme è comunque amputato e schiavo. Anche se spesso ce lo si dimentica la libertà di culto è tra i diritti fondamentali. Non a caso, i totalitarismi la colpiscono.

L’Italia dunque torna a pullulare di riti, anche coloriti come in molti luoghi – le processioni di tanti paesi del sud dove si racconta in modo appassionato e colorito la Passione di nostro Signore – oppure rivisitati da molti carismi contemporanei come le Vie crucis nelle città di molte nuove comunità di cristiani. Tradizione e presente danno vita a un teatro del sacro senza il quale non saremmo noi stessi. Vi partecipa gente con molta fede, e anche un sacco di gente con fede vacillante e gente in ricerca.

Ma quei segni, la croce, i veli, le processioni, le uova benedette, la benedizione dell’acqua, dei ceri, i canti nelle tenebre, i cori di esultanza, ecco tutto questo non è un armamentario ornamentale. Senza i riti restano solo i marchi e gli slogan. I riti parlano di sapienze antiche, di racconti tramandati da generazioni. Senza il sacro una società muore o diventa solo luogo di scambio e di sfruttamento. Lo vide bene Eliot, lo gridò Pasolini. Senza i segni del sacro – cioè di qualcosa che suscita devozione e timore – una società finisce per rendere tutto "disponibile" al potere e al commercio. Generando una società, come vediamo, non più libera ma più ansiosa e nevrotica.

Vari sociologi contemporanei come Baumann o il nostro Belardinelli, ad esempio, notano come la diminuzione del sacro, la sua apparente eclisse, nella nostra civiltà occidentale genera fenomeni di maggiore ansia e credulità, non di maggiore liberazione, in tutte le sfere, dalla civile alla erotica. Senza una lettura seria della vita nell’orizzonte del sacro tutto si fa più gracile.

In questi due anni abbiamo contato i morti, più che fare i conti con la morte, mi diceva l’altro giorno l’amico scrittore D’Avenia. La Pasqua, mistero del male e della resurrezione, porterà molti ad affrontare insieme il mistero dell’esistere umano. Il gesto di Papa Francesco di far condurre la Via crucis, nonostante le proteste, a due donne amiche, ucraina e russa, mostra con eloquenza come la presenza del sacro legga il presente in modo più profondo.

Si faranno cortei, processioni, stando attenti a non assembrarci, ok, ma finalmente mostrando che in tanti vivono la società non solo come scambio e commercio, come pretesa e aspettativa. Il senso religioso avrà i suoi segni. È un bene per tutti.