Addio campo largo. Letta vuole Calenda ma lui non ci sta. Renzi verso Toti

Conte nuovo avvertimento: tra di noi non ci può essere accordo. Di Maio troverà posto nel listone dem con l’accordo di Sala

Enrico Letta

Enrico Letta

"È come con i bastoncini colorati dello Shanghai: se togli quello sbagliato cadono tutti gli altri", dice un big dem alle prese con il difficilissimo gioco a incastro delle alleanze per le elezioni. Dato per assodato che l’alleanza con il M5s non ci sarà (Romano Prodi ha pronunciato parole definitive: "Conte mi ricorda Bertinotti, populista adolescente, irrefrenabile", e peraltro Conte ieri è tornato a escludere un accordo con il Pd), il gioco funziona così: se tieni dentro Calenda, e la sua Azione – il quale non la vuole, l’alleanza – sbattono la porta i rosso-verdi e, forse, persino la sinistra più mansueta, ma pur sempre sinistra, di Articolo 1. Se tieni dentro, come è ormai certo, sia Art. 1 (ex LeU) di Speranza e Bersani (il primo si ricandiderà, il secondo no) e i rosso-verdi di Fratoianni e Bonelli (pure loro ex LeU), non puoi pretendere di poter chiudere l’alleanza, anche se solo elettorale, del "Fronte democratico" con Calenda. "Uno che un giorno insulta Orlando, un giorno sfotte Provenzano, l’altro giorno irride Speranza", sibilano dalla sinistra dem la quale, va detto, è l’azionista di maggioranza di Letta oggi come lo era della segreteria di Zingaretti ieri (a proposito: il governatore del Lazio sì, si candida).

In Azione, stanno per entrare molti ex liberal di FI (Gelmini sicura, Brunetta chiede di entrare) con un pugno di parlamentari che pensano di portar voti in cambio, ovvio, di altrettanti seggi, anche se rischiano di esser pochi.

In realtà, nel Pd hanno in serbo, pronti a usarla, “l’arma fine di mondo“ contro Calenda: infatti, è solo +Europa che gode dell’esenzione della raccolta delle firme. "Se gli sfili Bonino, Magi e Della Vedova, e lo stiamo facendo, è fatta. Lo abbiamo in pugno!" esultano, ma troppo presto, i dem. Calenda potrebbe, anche in caso di rottura, con Bonino-+Eu nel Pd, lanciarsi in una (folle e temeraria, ma all’uomo piace) raccolta firme sotto l’ombrellone contro la “Casta“ che lo vuole zittire.

Intanto, la Carfagna dovrebbe andare con Di Maio e, dunque, con il Pd, e non con i calendiani, mentre a Renzi è rimasto solo un possibile alleato (oltre a… Mastella): Giovanni Toti e i suoi. Soli e isolati, oltre che lontanissimi dall’agognato 3%. Ma tornando al Pd, dove i centristi non li vuole (quasi) nessuno, tranne Guerini e Franceschini (i ministri verranno ricandidati tutti: loro, Orlando), il Rosatellum obbliga a fare le alleanze, la politica le frena. Molto meglio vanno le cose, per il Pd, con Ipf di Luigi Di Maio. Qui la strada è spianata. E non solo perché ha la benedizione del potente sindaco di Milano, Beppe Sala, lo protegge, o perché un po’ di voti, almeno in Campania, li ha.

Tra i vari simboli che, in minuscoli cerchietti accanto al Pd, nel Fronte democratico ci saranno: quello del Pd grande, la scritta Progressisti o Laburisti, a indicare la nascita del Nuovo Partito della Sinistra con l’annessione di Art. 1 e del Psi; quello di Ipf; i rosso-verdi di Bonelli e Fratoianni (esentati dalle firme grazie a LeU). E una quarta lista "in via di definizione".