Addio alla vocazione maggioritaria La svolta dem non piace ai padri nobili

Il Pd punta al proporzionale. Prodi: "Sistema che non assicura chiarezza"

Migration

Valorizzare l’identità del partito e stanare i moderati. Sono di diversa natura le strategie che stanno portando il Pd – che il fondatore Veltroni voleva "a vocazione maggioritaria" – a rispolverare i piani per cambiare la legge elettorale in senso proporzionale, con una soglia di sbarramento alta. Una retromarcia che non piace al padre nobile, Romano Prodi. "O abbiamo una legge elettorale che finalmente dà un governo e che non vuole solo fotografare il Paese, oppure le elezioni avranno sempre lo stesso risultato incerto", dice a DiMartedì, su La7. Per l’ex premier il proporzionale non assicurerebbe chiarezza, mentre "il doppio turno ha risolto il problema dell’instabilità. Dobbiamo avere un sistema che ci dia chiarezza di governo altrimenti possiamo ripetere le elezioni 40 volte e non avremo mai chiarezza".

Dello stesso avviso Mario Segni, ’padre’ del maggioritario e promotore dei referendum che a inizio anno Novanta sancirono di fatto la nascita della Seconda Repubblica. "Il Pd è nato come partito a vocazione maggioritaria – attacca – e vorrei che Enrico Letta, che già era un esponente importante ai tempi del Mattarellum, mi spiegasse come si concilia il proporzionale con l’esigenza di dare un governo stabile all’Italia tra un anno".

Il segretario ha aperto alla riforma elettorale subito dopo la rielezione di Sergio Mattarella. Un passaggio che, ha sottolineato il ministro del Lavoro Andrea Orlando, ha dimostrato "che le coalizioni sono una presa in giro nei confronti degli elettori. Non ce n’è stata una che finora abbia resistito, né con il Mattarellum, con il Porcellum o con il Rosatellum".