Accuse e veleni, il nuovo Cts perde già i pezzi

Previsioni flop sui contagi, l’unico ingegnere eletto nel Comitato si dimette dopo 48 ore. "I miei dati? Convinto di aver fatto bene"

Alberto Giovanni Gerli

Alberto Giovanni Gerli

Se non è la prima scivolata del nuovo governo Draghi, di sicuro gli somiglia molto. A poche ore dalla nomina (avvenuta martedì scorso) si è dimesso Alberto Giovanni Gerli, uno dei 12 membri nominati dal governo nel nuovo Comitato tecnico scientifico (Cts). Oggi, dunque, l’organismo – che è stato rinnovato, soprattutto per volontà della Lega – si riunirà per la prima volta senza l’ingegnere esperto di modelli statistici di previsione sull’epidemia, che durante la prima ondata del Covid-19 aveva detto "il lockdown non serve più a nulla" poco dopo l’inizio della prima zona rossa in Lombardia.

Bollettino Covid del 19 marzo

"A seguito delle inattese e sorprendenti polemiche esplose all’indomani della mia nomina – ha dichiarato ieri Gerli – ho ritenuto opportuno rinunciare al mio incarico così da evitare al Cts e alle istituzioni in generale ulteriori, inutili ostacoli e distrazioni rispetto alle importanti e difficili decisioni che sono chiamati a prendere". Quindi ha ringraziato "la presidenza del Consiglio per la nomina e grazie alla quale avrei potuto dare il mio contributo al servizio del Paese – conclude Gerli –. Rimango convinto della bontà dei dati che ho contribuito a sviluppare e del fatto che possano costituire un utile elemento di analisi nella gestione della pandemia. Per tale ragione, continuerò con ancora più energia a lavorare e ad aggiornare i modelli".

Il quarantenne ingegnere padovano, con simpatie leghiste e fondatore di una startup di illuminazione a led (convinse la sindaca di Roma, Virginia Raggi, a pensare di illuminare la Capitale con "luce fredda" provocando l’ira di Vittorio Sgarbi e non solo), appassionato di bridge tanto da candidarsi alla presidenza della Federazione (ma uscendone sconfitto), data scientist riconosciuto dal Mise, aveva iniziato ad applicare i suoi modelli matematici anche allo studio del Coronavirus. Senza, però, riuscire mai a cogliere nel segno.

Gerli sosteneva, infatti, che l’ondata di virus (e stiamo ancora parlando del marzo 2019) sarebbe durata 40 giorni e che il suo andamento sarebbe dipeso unicamente dai primi 17 giorni. Passati i quali – sosteneva sempre il medesimo – qualsiasi fossero le misure messe in campo, l’epidemia avrebbe fatto il suo corso. A chi gli chiedeva perché l’andamento del contagio dipendesse proprio dal numero 17, Gerli non ha mai dato risposta, forse per non spiegare pubblicamente i suoi modelli matematici che, tuttavia, sono poi risultati privi di fondamenta solide, visto quello che è poi successo non solo in Lombardia, ma in Italia e nel mondo.

A fine gennaio di quest’anno, di nuovo sulla Lombardia sosteneva che i positivi sarebbero passati da 1.700 al giorno a 350 a metà marzo. A quella data però i casi erano 4.700. E ancora a inizio febbraio pronosticava il Veneto in zona bianca quando invece la Regione di Luca Zaia si colorava di rosso. Dopo la nomina, sia Sinistra Italiana che i Verdi (che avevano invocato anche la procura di Roma) avevano chiesto al governo di rivedere la nomina di Gerli, ma il diretto interessato, visto il montare delle polemiche, ha spiazzato tutti con le dimissioni.