Mercoledì 24 Aprile 2024

Accordi prematrimoniali, boom di richieste in Italia. Possibile ok nel 2020

Il governo ha in mano il disegno di legge delega per la revisione del Codice civile: il nostro è uno dei pochi paesi a non prevedere questi patti

Zuckerberg e la moglie Priscilla hanno stipulato un accordo prematrimoniale (LaPresse)

Zuckerberg e la moglie Priscilla hanno stipulato un accordo prematrimoniale (LaPresse)

Roma, 18 marzo 2019 - Patti chiari, nozze serene (si spera). Più di 6 italiani su 10 sono favorevoli agli accordi pre-matrimoniali, li ritengono uno strumento che può evitare problemi al momento della separazione. Si tratta di un istituto, diffuso in gran parte dell’Europa e del mondo, che potrebbe essere introdotto in Italia entro un anno. La richiesta non manca. In una ricerca compiuta su 541 coppie in procinto di convolare a nozze, il 64% degli interpellati si è detto favorevole a firmare un patto che fissi reciproci diritti e obblighi prima di mettersi l’anello al dito. Il dato cresce fino al 75% nelle coppie sotto i 30 anni, mentre su base regionale è il Nord (dove si concentra la maggioranza dei divorzi) a spingere per questa novità (col 71% dei pareri favorevoli), mentre al Centro-Sud la percentuale cala al 57%. Marcata – si legge nel report dell’associazione ‘Donne e qualità della vita’ – la differenza tra i generi: il 70% degli uomini dice sì, contro il 58% delle preferenze femminili. Richiesta di cui il Guardasigilli Alfonso Bonafede (in quota M5S) dovrà tenere conto: il disegno di legge delega per la revisione del Codice civile è in mano al ministero della Giustizia. Ma deve – di fatto – essere ancora riempito di contenuti. Il percorso, dunque, si annuncia lungo.

Il titolo, però, è chiaro: si parla della «stipula fra nubendi, tra i coniugi, tra le parti di una programmata o attuata unione civile, di accordi intesi a regolare fra loro i rapporti personali e quelli patrimoniali, anche in previsione dell’eventuale crisi del rapporto, nonché a stabilire i criteri per l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli». Il boom di richieste ai notai è certificato da Paolo De Martinis, alla guida di uno dei più importanti studi di Milano: «La possibilità di fissare reciproci diritti e obblighi prima di una crisi è un incentivo al matrimonio, nonché una mancanza che il legislatore italiano deve colmare». Non aspettatevi, però, le follie made in Usa alla Mark Zuckerberg, che ha dovuto scrivere nero su bianco l’obbligo di passare almeno una notte alla settimana con la moglie Priscilla. «Non c’è possibilità che una clausola del genere arrivi in Italia, andrebbe contro i diritti inderogabili protetti dalla Carta costituzionale», continua De Martinis. E, allora, come potrebbero essere i patti matrimoniali all’italiana? «Alcuni obblighi non potranno essere toccati, come la corresponsione degli alimenti, gli altri doveri di assistenza e di educazione dei figli – prosegue il notaio -. Diciamo che la parte su cui si potrà agire è soprattutto quella patrimoniale». Nel titolo della delega, però, al momento figura anche l’educazione dei figli: il ministero per la Famiglia, guidato dal leghista Lorenzo Fontana, si riserva di dare un parere, una volta definito il provvedimento. Le regole riguarderebbero coppie etero o omosessuali e verrebbero sottoscritte «in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata».

L'Italia è tra le poche nazioni occidentali a non prevedere questi patti. Una spinta alla loro introduzione è stata data dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 2018 sugli assegni di divorzio, che ha riscritto le regole per il loro calcolo. Al momento l’unico ddl sugli accordi prematrimoniali che ha iniziato l’iter in Commissione Giustizia è di minoranza, a firma Morani-D’Alessandro. «Lasciando da parte l’educazione dei figli, diamo la possibilità di stipulare, anche durante il matrimonio - spiega la deputata Alessia Morani (Pd) - accordi che impegnano un coniuge ad attribuire all’altro una somma di denaro (periodica o una tantum ) o una quota di beni immobili, fino al 50% dei propri averi. Viceversa, si può rinunciare al mantenimento, fatti salvi i diritti agli alimenti, alla cura e al sostegno dei figli».