Giovedì 19 Giugno 2025
REDAZIONE CRONACA

Consulta: l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è incostituzionale

La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione

La Corte Costituzionale ha respinto le questioni di legittimità sull'abuso d'ufficio (Ansa)

La Corte Costituzionale ha respinto le questioni di legittimità sull'abuso d'ufficio (Ansa)

Roma, 8 maggio 2025 – L'abrogazione dell'abuso d'ufficio non è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dopo avere esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali, tra cui la Corte di Cassazione, in merito all'abrogazione del reato ad opera della legge numero 114 del 2024, nota come la riforma Nordio.

La Consulta ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Uncac, la cosiddetta Convenzione di Merida). Nel merito, li giudici costituzionali hanno dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l'obbligo di prevedere il reato di abuso d'ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell'ordinamento nazionale. 

Per conoscere la motivazione bisognerà attendere le prossime settimane, quando la sentenza sarà pubblicata.

Cos’è la Convezione di Merida

La Convenzione di Merida (dove è stata adottata nel 2003) è un trattato internazionale che mira a combattere la corruzione a livello globale. L’Italia l’ha ratificata con la legge 116/2003. Il timore era che la riforma Nordio andasse incontro al rischio di incostituzionalità perché tale Convenzione prevede strumenti di contrasto alla corruzione, tra cui l’abuso d’ufficio. Nello specifico, impone il “mantenimento degli standard di efficacia stabiliti nella prevenzione della corruzione” e quindi bisogna anche “astenersi dall’adottare misure, legislative o amministrative, che comportino il regresso”.

Il reato di abuso d’ufficio puniva il pubblico ufficiale che, violando delle regole oppure in conflitto di interessi, “intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arreca ad altri un danno ingiusto”.