"Abbattiamoli". Botte in cella, guardie arrestate

Le intercettazioni choc sul pestaggio dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: 52 agenti nei guai. Il gip: una orribile mattanza

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di Nino Femiani

"Li abbattiamo come vitelli", "domate il bestiame", devono essere "quattro ore di inferno per loro". Messaggi di guerra, quelli che un centinaio di agenti di polizia penitenziaria si scambia sui cellulari prima di irrompere, manganelli in mano e caschi calati in testa, nel "Reparto Nilo" del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Parole che fanno sinistro riferimento a una metodologia di contenimento che gli agenti sottolineano con due parole: "Sistema Poggioreale". È lo scenario che precede il blitz del 6 aprile 2020 e fa da prologo alle presunte violenze su 292 detenuti, in rivolta contro il lockdown, asserragliati nel penitenziario messo a ferro e fuoco. Contro gli agenti arrivano ora i provvedimenti del gip: duri e scioccanti. Complessivamente notificati 8 arresti in carcere, 18 arresti ai domiciliari, 3 obblighi di dimora e 23 interdizioni dall’esercizio del pubblico ufficio. I reati contestati ai 52 uomini della Penitenziaria (il pm aveva chiesto 99 misure cautelari) sono di concorso in torture pluriaggravate, maltrattamenti, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico (anche per induzione) aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio. Ma sono 117 complessivamente le persone indagate per quello che il pm definisce nella richiesta un comportamento da "macelleria messicana". Un numero enorme, senza precedenti, eppure "ristretto" in quanto molti agenti - provenienti da altri istituti penitenziari come Secondigliano e Bellizzi Irpino, che con quelli di Santa Maria Capua Vetere andavano a comporre il "gruppo di supporto agli interventi", istituito alle dipendenze del provveditore regionale per la Campania Antonio Fullone - non sono stati identificati. E una misura interdittiva (sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio), emessa dal gip sammaritano, riguarda proprio il provveditore Fullone, numero uno del sistema carcerario in Campania, accusato di falso e depistaggio. Proprio dai suoi messaggi ("dobbiamo dare un segnale forte") emerge la volontà di dare una connotazione particolare alle perquisizioni. Per gli inquirenti, infatti, il reale scopo del blitz, disposto dopo una protesta, era di pestare i rivoltosi. Detenuti costretti a passare in un corridoio di agenti, fatti inginocchiare e colpiti di spalle per tutelare l’anonimato dei picchiatori. Nell’ordinanza il gip definisce l’episodio una "orribile mattanza" ai danni dei carcerati: alcuni sono stati denudati e 15 anche portati in isolamento con modalità irregolari e senza alcuna legittimazione. Nelle carte dell’inchiesta anche falsi referti: 13 agenti riferirono di essere stati aggrediti da detenuti mentre le lesioni da loro lamentate traevano origine dalla loro stessa violenza (i calci, le ginocchiate e i pugni ai danni dei reclusi). Per questo motivo tra gli indagati a piede libero figurano anche due medici dell’Asl di Caserta. Il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, parla di "un provvedimento sproporzionato". Forte l’ira del leader della Lega, Matteo Salvini: "Che a essere arrestati siano i poliziotti è bizzarro". "Misure cautelari per oltre 50 persone, a distanza di quattordici mesi dai fatti contestati, come possono essere giustificati?", si chiede Gennaro Migliore di IV. La ministra della Giustizia Marta Cartabia dice di seguire con "preoccupazione" gli sviluppi dell’inchiesta, ma "rinnova la fiducia nel corpo della polizia penitenziaria".