A Verona l’harakiri dei moderati La destra perde dove ha più voti

Vince il centrosinistra con l’ex calciatore Tommasi. FI e Lega accusano lo sconfitto: doveva accettare l’apparentamento

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di Antonella Coppari

Previsioni rispettate. Damiano Tommasi a Verona vince facile, e vince di diverse lunghezze su Federico Sboarina: 53,34% a 46,6 a mezzanotte quando lo spoglio è quasi terminato. "Il centrosinistra torna a governare la città scaligera dopo 20 anni di una destra scura – afferma Alessandra Moretti, europarlamentare del Pd –. È una vittoria importante. Sono sicura che sarà una città europeista, che si apre al mondo". Difficile dire se si sia trattato o meno di un suicidio del centrodestra. Di certo, da quelle parti ce l’hanno messa tutta per perdere. Molti analisti sostengono che non fosse nemmeno necessario lo sforzo profuso dal momento che l’ex calciatore di Verona e Roma – classico volto nuovo, lontano dal Palazzo e capace di interagire con i cittadini raccogliendo consensi trasversali – avrebbe vinto comunque. Non lo sapremo mai. Dopo il disastro del primo turno, quando sulla roccaforte di una destra divisa aveva già messo una seria ipoteca il candidato civico, sostenuto da tutti i partiti del campo largo della sinistra (compresi Azione e M5s), tutto è andato molto peggio. Dopo essere stato escluso dal ballottaggio Flavio Tosi (sindaco dal 2007 al 2017) si è iscritto a Forza Italia, partito che lo aveva sostenuto al primo turno, diventandone un punto di riferimento regionale con ambizioni nazionali. Forte del "suo" 23.9% Ha offerto l’apparentamento a Sboarina, che non ha accettato la proposta bollandola come manovra di Palazzo, ma ha chiesto comunque i voti del ’rivale’. Per non essere accusato di tradimento, Tosi ha assicurato che non avrebbe mai votato a sinistra. Probabilmente è quello che è successo: i suoi elettori e quelli di Forza Italia non hanno votato per Tommasi ma non hanno fatto neanche nulla per impedirgli di vincere. Solo loro? Anche no: all’appello pare manchino anche molti esponenti veronesi del Carroccio; d’altra parte, il partito di Matteo Salvini ha discusso per mesi con Sboarina e Fd’I, il partito che l’ha sostenuto pancia a terra, prima di trovare un faticoso accordo. Non stupisce dunque se tanto Forza Italia quanto la Lega puntino il dito ora contro lo sconfitto: "È colpa sua se abbiamo perso. non ha voluto fare l’accordo". A stretto giro la replica di Fd’I che, come per bocca del capo dei deputati, Francesco Lollobrigida: "Purtroppo, a volte, i risultati degli alleati sono stati meno brillanti di quel che speravamo nonostante tutto, Fd’I non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai candidati proposti dal centrodestra, sia al primo che al secondo turno, senza fare mai polemiche che potessero danneggiare la corsa del centrodestra".

Si potrebbe pensare che Verona, piazza importante ma non importantissima, sia un’esperienza a sé come del resto capita sempre in tutte le amministrative. In realtà non è così: indica il problema complessivo del centrodestra, il fianco esposto che può portarlo a perdere elezioni che sulla carta sembrerebbero se non proprio già vinte almeno facili. Neanche all’ultima prova generale (in autunno si voterà solo in Sicilia per il rinnovo del consiglio regionale) prima di quella definitiva, il centrodestra è riuscito a presentarsi ovunque unito. E peggio: in alcune situazioni come, appunto a Verona (ma anche a Catanzaro) è emersa l’incapacità, per ora, di Giorgia Meloni di spogliarsi dei panni del capopartito per rivestire quelli del capo della coalizione.