Giovedì 25 Aprile 2024

A urne chiuse parte la resa dei conti Meloni: regole comuni o vado da sola

"Subito un vertice", avverte la leader di Fd’I. Ma rischia di essere l’ennesimo inutile rito formale

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di Antonella Coppari

"Basta litigi". È con questo grido di battaglia che Matteo Salvini e Giorgia Meloni si scagliano l’uno contro l’altra. E lo scontro selvaggio prova che la lezione di queste amministrative non sembra essere stata compresa più della precedente tornata. Già l’analisi della sconfitta diventa l’occasione di una resa dei conti esasperata: in pubblico volano gli stracci, in privato è anche peggio. "Se non si trova un modo di convivere, delle regole di ingaggio condivise, meglio che ognuno vada per conto suo alle prossime elezioni", mette in chiaro con i suoi la leader di Fd’I. Del resto, sottolineano a via della Scrofa, c’è anche una parte di centro che guarda a noi. E d’altra parte, spiega il capo dei deputati Francesco Lollobrigida, "i sondaggi sono chiari: noi abbiamo il 22%, la Lega il 14, FI l’8 dunque siamo il 50% dell’alleanza". Fuor di metafora: Giorgia è la leader, gli altri devonon farsela piacere. Il guanto di sfida è afferrato a via Bellerio: "Lei vuole guidare il centrodestra? – dice il capo leghista ai fedelissimi – bene: mettiamola alla prova, vediamo cosa sa fare".

Non che nelle dichiarazioni ufficiali risuoni un’aria meno minacciosa: "Ho trovato curiosa la polemica sul mancato apparentamento a Verona da parte degli alleati, con tanto di attacchi al sindaco di centrodestra a urne aperte", affonda Giorgia. Replica Salvini: "Non è possibile perdere in città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo o per interesse di parte". Si parla delle urne chiuse, ma la "sorella" d’Italia non perde occasione di ricordare quelle che devono ancora aprirsi: la vera prima linea dello scontro, la Sicilia. "Basta litigi a partire da lì" sottolinea. Perché nell’isola – che va al voto in autunno – l’intera coalizione, e i due litiganti in particolare, sono più accaniti che mai. Dietro, s’intravede la sagoma della Lombardia che andrà alle urne nel 2023. Inimmaginabile per Salvini perdere lì, dopo la disfatta in queste amministrative nelle roccaforti del Nord: in coppia con Giorgetti, blinda il governatore Fontana, ancorché nel Carroccio c’è chi teme che possa non farcela. Netti gli uomini della Meloni: "Se Fontana è intoccabile perché non si silura il presidente uscente, allora lo è pure Nello Musumeci in Sicilia. Altrimenti azzeriamo tutto e i candidati li sceglie chi ha più voti". Ovvero, Fd’I. In questo clima, c’è chi sussurra che per mettere Matteo in difficoltà, Giorgia avrebbe pensato di utilizzare Letizia Moratti come cavallo di Troia ma dalle sue parti negano: "Chiacchiere in libertà".

Sicilia come ’sliding doors’ per il destino della coppia e, più in generale, del centrodestra? Così pare: "Sarà l’occasione per capire se ci sono margini per ritrovarsi", avverte Maurizio Lupi (Noi con l’Italia). Insomma, se non si chiude in Sicilia la coalizione non c’è più: "Ognun per sé, e Dio per tutti". Sempre che l’antico detto non venga secolarizzato in "ognun per sé e Silvio per tutti", visto che, per quanto ammaccato dalla sconfitta a Monza, il Cavaliere si propone come federatore.

Di certo c’è che nel caso di un ’liberi tutti’ potrebbe tornare di moda il tema della riforma elettorale in senso proporzionale. Da qui all’autunno c’è il tempo per capire anche come vanno le cose nella Lega: sì, perché Salvini non deve guardarsi solo dal nemico esterno. Il partito è in subbuglio, c’è chi punta a un commissariamento del segretario, nel Veneto molti vorrebbero un congresso. Insomma: il Capitano assediato ha più che mai bisogno dell’appoggio dei governatori del Nord, a partire da Fontana. Di qui, il rilancio della Meloni sulla Lombardia. Tra una sassata e l’altra, entrambi invocano un vertice. "Va fatto subito", dice la leader di Fd’I. "Pronto anche domani", rilancia il capo leghista, senza muovere un dito per organizzarlo. "Ci pensi lei".

Invece il Cavaliere è netto: "Promuoverò il confronto". Ipotizza un summit lungo un giorno. Ma non è questione di vertici, chiacchierate, riconciliazioni: nella guerra di tutti contro tutti che travolge il centrodestra a partire dai due ’fratelli coltelli’ si rischia che ne scaturisca l’ennesima, inutile ’photo opportunity’.