Covid Cina, tamponi di massa: a Pechino torna l'incubo con Omicron

Aumentano i focolai. E lo stop della produzione del Dragone rallenta la catena di approvvigionamento

Pechino, 26 aprile 2022 - ’Strategia zero’. Da Shanghai (domenica 1.401 infezioni su 1.609 nell’intero paese), a Pechino (domenica appena 15 casi), la Cina combatte Omicron con furia militare. Mentre il resto del mondo accetta la convivenza con il Covid, il Dragone dichiara guerra totale. Ovunque spunti il contagio, l’ordine è di circoscriverlo per prevenire focolai. Secondo la Cnn, 400 milioni di persone in 45 città cinesi sono in confinamento totale o parziale per la politica di zero Covid. I 29 milioni di abitanti di Shanghai, dopo il lockdown rigido scattato all’inizio di aprile (inclusi trasferimenti coatti di intere comunità), registrano parziali allentamenti della profilassi. Ma ora la paura delle autorità è che Pechino (21,5 milioni) possa diventare il nuovo epicentro.

Pechino: tamponi di massa
Pechino: tamponi di massa

Nella capitale sono ore febbrili. Una scarica di test di massa – il primo ieri, il secondo domani, il terzo venerdì – scandaglia la popolazione di Chaoyang, il più popoloso distretto metropolitano. Lunghe code, a volte di centinaia di persone, si snodano tra marciapiedi in attesa dei test. Le autorità municipali definiscono la situazione "grave e difficile". Allertati dalle difficoltà negli approvvigionamenti vissute a Shanghai, i forzati del tampone scatenano la corsa agli acquisti. File ai supermercati compaiono dal mattino. Le scaffalature di frutta e verdura sono prese d’assalto, esito inevitabile dell’esaurimento scorte denunciato da molte app di consegna. Nessuno vuole restare in casa senza cibo. Specie se un vicino positivo può significare i domiciliari a oltranza. "Di fronte a Omicron la Cina non cederà ma avanzerà – ruggisce il portavoce di governo Wang Wenbin –. Vinceremo sicuramente".

A Shanghai quattro giorni fa sono comparse recinzioni e gabbie davanti ai portoni dei palazzi con cittadini contagiati. Aumentando l’ansia dei condomini, potenziando l’effetto stigma e autorizzando domande scomode al potere: che succede se scoppia un incendio? Senza contare le abitazioni dei positivi ’allarmate’ dalla polizia per impedire fughe. ll morale della gente è basso. C’è parecchia stanchezza. Voglia di libertà e senso di disciplina si dividono la scena. Qi Shuailong è uno dei tremila corrieri in carne e ossa arrivati a Shanghai da aree lontanissime della Cina per smaltire le richieste esponenziali della popolazione in lockdown. "Faccio la mia parte", dice lui, in pista dalle 6.30 alle 21 per una media di 200 consegne giornaliere. Tesla Motors, in ritardo di 40mila consegne, crea una ’bolla’ in fabbrica: tre pasti, materassino e sacco a pelo per tutti i dipendenti. E un’indennità a seconda dei livelli. Il sistema a circuito chiuso è adottato anche da General Motors, Quanta Computer (che produce laptop per Apple) e Shanghai Port, il porto container più grande del mondo, dove però molte merci stanno deperendo. Questi siti produttivi fanno parte di un primo elenco di 666 aziende con autorizzazione speciale in deroga: scelta controfirmata dalla Shanghai Commission of Economy, la massima autorità per lo sviluppo industriale della città. Ma Shanghai ha oltre 50mila aziende industriali registrate che producono il 6% delle esportazioni nazionali. Per questo la chiusura di migliaia di fabbriche rischia di sconvolgere le catene di approvvigionamento globali, a partire dal settore chiave dei semiconduttori, indispensabili ad auto ed elettronica. Proprio l’area di Shanghai è infatti strettamente connessa a Kunshan e Suzhou dove operano Luxshare, Wistron, Pegatron, Foxconn, Logitech, Bosch.

Ieri il tonfo delle borse asiatiche (Shenzen -6,08% , Shanghai -5,13%, Honk Kong -3,73%). L’effetto domino alle piazze occidentali è assicurato dalla flessione del petrolio (il Brent ripiomba sotto i 100 dollari al barile), nel timore che l’economia del Dragone – il maggior consumatore mondiale – possa rallentare considerevolmente. Anche le Borse europee indietreggiavano sulla base degli stessi presupposti (Milano -1,49%, Londra -1,88%, Francoforte -1,54%). Tra i grandi mercati azionari solo New York ieri ha chiuso positiva. Ma gli analisti sono allarmati e avvertono che gli investitori, distratti dalla guerra in Ucraina e dal rialzo dei tassi annunciato dalla Fed, non stanno valutando adeguatamente la gravità della situazione cinese.