Mercoledì 24 Aprile 2024

A Parma riapre il reparto speciale Covid "La sfida non è vinta, ma ora siamo pronti"

Con l’aumento dei casi, la struttura è stata rimessa in funzione in poche ore. Al momento solo sei le persone ricoverate. La direttrice dell’ospedale Maggiore rassicura: "Nessuno rischia la vita e tutti sembrano rispondere bene alle cure".

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di Chiara Pozzati

Solo settantadue ore. Per tre giorni l’ospedale Maggiore di Parma è stato Covid-free. Con la corsia sigillata, i letti vuoti e il ventre del reparto che torna silenzioso. Ma ora la seconda provincia più colpita dell’Emilia Romagna, dopo Piacenza, riapre il reparto dedicato ai malati di Coronavirus. Attualmente sono 3.808 i casi positivi nel Parmense e sei le persone ricoverate, di cui nessuna in condizioni critiche. Hanno tutti tra i 40 e gli 85 anni e due di loro sono marito e moglie che sarebbero appena tornati da una vacanza in Spagna. Così torna l’angoscia per il nemico invisibile che rientra dalle ferie insieme ai turisti. E trema la Food Valley, dove i bollettini dei mesi ‘neri’ erano troppo spesso spietate sentenze.

A oggi sono 761 i decessi per Covid-19 registrati nel Parmense e concentrati perlopiù tra metà marzo e metà aprile. Nel periodo più buio, tra il 17 e il 18 marzo, sono morte anche 34 persone in un giorno.

"Ciascuno di noi ha perso qualcuno di caro", ripetono a mezza bocca gli infermieri in pausa pranzo. "Non solo in città, ma anche in provincia: l’Ospedale di Vaio a Fidenza ha addirittura dovuto chiudere una notte intera, perché erano troppi i malati in arrivo", ricordano ai tavolini del bar dove il Coronavirus è tornato a occupare pensieri e discorsi. Si tratta di un morbo che ha macinato chilometri a bordo di un bus per arrivare in questo spicchio di Emilia, visto che i primi, loro malgrado, a scatenare diversi focolai sono stati proprio una sessantina di ballerini parmigiani. Il gruppo è andato a Codogno, in tempi non sospetti, per una serata a base di salsa e merengue. Poi il rientro è il deflagrare dei casi un po’ ovunque. "La guerra non è finita. Questa è solo una tregua, ma è prevedibile un nuovo aumento dei casi, specialmente in coincidenza coi mesi autunnali". Piglio diretto e nessun tentennamento Tiziana Meschi, direttore di Medicina interna e Lungodegenza critica del Maggiore , riavvolge il nastro. Un ‘rigurgito’ che era stato preventivato "ecco perché avevamo solo temporaneamente congelato il reparto Covid, ma di fatto mai smantellato. A inizio della scorsa settimana avevamo trasferito l’unico paziente positivo agli Infettivi. Con l’arrivo dei nuovi casi abbiamo optato per una riapertura e col personale a disposizione, gli strumenti e i farmaci già presenti, siamo tornati operativi nell’arco di poche ore".

Fortunatamente le condizioni dei ricoverati non destano preoccupazioni: "Nessuno rischia la vita – assicura ancora la Meschi –, nessuno necessita della terapia intensiva e tutti sembrano rispondere bene alle cure" aggiunge l’esperta. Il futuro resta un’incognita e la vera scommessa sarà riconoscere il virus: "Con l’affacciarsi della tipica epidemia influenzale dovremo viaggiare su doppi tamponi vista la similitudine dei sintomi", ribadisce la direttrice. E conclude con un appello: "Da parte di chi si porta nella carne dolore, strazio e lacrime di quei giorni: non deroghiamo di un millimetro. Laviamoci le mani spesso, manteniamo le distanze di sicurezza e soprattutto indossiamo la mascherina".